di Violetta Cantori – 7 giugno 2023

Registro unico, tanti enti non si sono ancora iscritti

 Difficoltà di tipo burocratico, gap digitale e non solo: sono oltre settemila, finora, le associazioni, da Nord a Sud, escluse dal Runts

“Una pec ci ha comunicato l’esclusione dal Runts, il Registro unico nazionale del terzo settore. Noi, volontari di una piccola organizzazione di volontariato puro, abbiamo fatto qualcosa che vale come impedimento all’iscrizione, ma non sappiamo cosa. Il telefono degli uffici squilla a vuoto e siamo in attesa di una risposta alla richiesta di spiegazioni inviata qualche giorno fa. È una situazione che ci crea non pochi problemi, uno fra tutti l’esclusione dalla base sociale di A.S.Vo. odv, l’ente accreditato dall’Organismo nazionale di controllo per la gestione di Volabo, il Centro servizi per il volontariato bolognese. Partecipiamo alla sua vita sociale da oltre 10 anni e ora, di punto in bianco, fuori dal Runts fuori da tutto”. Queste sono le parole di Mauro Collina, presidente di “Associazione di Solidarietà con Cuba – La Villetta che sarebbe dovuta entrare nel Runts per “trasmigrazione” diretta dal Registro del volontariato dell’Emilia-Romagna ma, al termine del procedimento, è stata esclusa.

Questo ha comportato, di fatto, la perdita della qualifica di organizzazione di volontariato e di ente del terzo settore, perché solo gli iscritti al Runts sono tali ai sensi dell’articolo 4 del codice di Riforma del terzo settore. Con buona probabilità il diniego ricevuto dall’associazione bolognese è dovuto a un ritardo nel caricamento o a qualche difformità nei documenti digitali richiesti. Nonostante la difficoltà temporanea, l’associazione di Collina è decisa a rientrare nel Registro e, con l’aiuto del Csv, effettuerà una nuova iscrizione.

Non è un caso isolato. Alla data del 6 aprile 2023 gli enti iscritti al Runts sono101.074. Di questi 63.762 sono entrati per trasmigrazione dai registri regionali preesistenti (su un potenziale di trasmigranti tra i 70 e i 90mila). Gli enti esclusi sono 7.526, ma il numero potrebbe crescere nei prossimi mesi. Tra le organizzazioni di volontariato (Odv) e le associazioni di promozione sociale (Aps), infatti, molte sono state coinvolte dalla “trasmigrazione di massa” per silenzio assenso del 7 novembre 2022. Il procedimento prevedeva da parte degli enti il deposito di una serie di documenti all’interno del registro telematico entro 90 giorni dalla pubblicazione del loro nominativo all’interno degli elenchi Runts. In questo periodo gli uffici regionali del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali stanno effettuando dei controlli sui profili dei diversi enti per verificare che ci sia tutta la documentazione richiesta e che questa risponda a quanto previsto dalla Riforma del Terzo settore.

Da nord a sud le colleghe e i colleghi dei Csv raccontano casistiche simili. Tante sono le associazioni che si rivolgono agli sportelli consulenziali come fossero naufraghi accolti in scialuppe di salvataggio. Molte hanno una compagine di volontari con età media elevata, che vive un gap digitale difficile da colmare. A volte anche l’adeguamento a nuove modalità di rendicontazione economica può risultare un ostacolo. Faticano a destreggiarsi con posta elettronica certificata, firma e identità digitale, digitalizzazione dei documenti, utilizzo dell’interfaccia utente dell’applicativo Runts. Il Centro di servizio per il volontariato di Napoli racconta che per sopperire al numero elevato di richieste ha aumentato i consulenti da uno a quattro, e il Csv della Valle d’Aosta ha organizzato un piano di sostegno ad hoc, per supportare soprattutto le associazioni più fragili.

In alcune regioni i registri di volontariato e associazionismo di promozione sociale erano prevalentemente cartacei e con un basso livello di manutenzione, il che ha prodotto difficoltà e rallentamenti nelle comunicazioni e nei procedimenti. Secondo le testimonianze raccolte, ci sono luoghi in cui la trasmigrazione massiva è avvenuta utilizzando dei codici fiscali provvisori che non corrispondevano ai reali codici fiscali delle associazioni. I legali rappresentanti degli enti si sono trovati così nella temporanea impossibilità di aggiornare i dati nel rispetto dei tempi previsti, a cui sono seguite una maggiore flessibilità da parte di alcuni uffici regionali in fase di controllo.

Degli enti esclusi dalla trasmigrazione non è possibile sapere quanti sceglieranno di rimanere fuori dal perimetro della Riforma del terzo settore e quanti proveranno a rientrare; né è possibile saperlo dei circa 1.300 enti che non sono stati ammessi dopo aver fatto domanda di iscrizione al Runts per la prima volta. Accanto a loro, tralasciando le domande in corso di istruttoria, ci sono associazioni che hanno ritirato spontaneamente la loro iscrizione: circa 3.700 su 22mila nuove domande presentate, 8.600 tra i trasmigranti.

Ad Aosta Renato Faval, volontario a “Les amis du cimitière du bourg”, ex direttore del Csv locale ed ex assessore e consigliere regionale, racconta che la sua associazione ha scelto di non trasmigrare e non diventare ente di terzo settore. “Quando è uscita la Riforma abbiamo naturalmente pensato di passare al Runts, perché la nostra associazione, che si occupa di tenere aperto al pubblico il cimitero storico del Borgo di Sant’Orso, è sempre stata iscritta al registro regionale come Odv. Sono tra i fondatori del Csv valdostano, conosco bene il valore del volontariato. Ma poi, di fronte a tanta burocrazia, abbiamo desistito. Non possiamo tenere il passo, non ne abbiamo le forze né le competenze. Questa è una legislazione pensata per le medie e grandi organizzazioni, non per quelle come la nostra. Al momento per noi non è cambiato nulla rispetto a prima, perché non abbiamo mai chiesto soldi, né partecipato a bandi pubblici”, spiega Faval. “La nostra attività si sostiene con l’impegno volontario e con le offerte libere dei visitatori. Le utenze sono a carico dell’amministrazione con la quale abbiamo una convenzione per la gestione del luogo. Va bene così. Ma trovo inaccettabile una Riforma che non tiene conto del volontariato in tutte le sue sfumature e diversità, non le valorizza. Questo è un grande problema culturale. È giusto che ci siano norme e obblighi di trasparenza più stringenti per enti grandi e strutturati, che hanno anche una dimensione economica maggiore, ma non ci sono solo grandi città con grandi associazioni. L’Italia è ricca di piccole e piccolissime associazioni che svolgono attività a beneficio di tutta la comunità. Sono il tessuto connettivo del paese, spesso sopperiscono a gravi mancanze da parte della cosa pubblica, sono vitali per la coesione sociale, il sostegno ai più fragili, la tutela del territorio. Nelle zone  montane come la nostra, o come il Trentino Alto Adige, c’è una tradizione antichissima e ci sono le più alte concentrazioni di associazioni per numero di abitanti rispetto alla media nazionale, lo ha rilevato l’Istat. Sono realtà molto piccole, con una gestione diversa dalle grandi. E immagino che nelle isole, o in altri territori con una bassa densità demografica la situazione non sia diversa. Ma è come se il legislatore, nello scrivere la Riforma, non avesse in mente la geografia del Paese. La legge andrebbe in parte riscritta, snellendo le procedure per le organizzazioni di volontariato più piccole. Se questo avvenisse noi saremmo pronti a rientrare”.

Le associazioni escluse o spontaneamente ritirate dal Runts sono poco più di 21mila, ma il numero di organizzazioni non profit (Onp) che si trovano al di là del Terzo settore sono molte di più. L’ultimo Censimento permanente delle istituzioni non profit pubblicato dall’Istat contava 365.499 realtà non lucrative diffuse in tutto il Paese alla fine del 2020. Non tutte, però, possono essere o diventare enti di terzo settore (Ets). Circa 55mila sono organizzazioni politiche, sindacati, associazioni di categoria, associazioni sottoposte a direzione, coordinamento o controllo da parte di enti pubblici o privati di rappresentanza che l’articolo 4 comma 2 del Codice del Terzo settore (decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117) esclude per legge.

Meglio Milano è un’associazione nata nel 1987 con l’obiettivo di realizzare studi, indagini e progetti sperimentali per migliorare alcuni aspetti della vita cittadina. Si tratta di un’organizzazione precedentemente iscritta nel registro delle Aps della Lombardia. Tra i soci figurano Unione Confcommercio di Milano, Automobile club e alcune università meneghine. “L’unico modo per diventare enti del terzo settore sarebbe stato modificare la compagine associativa, ma avrebbe significato sconvolgere la nostra natura”, spiega Monica Bergamasco, referente per i progetti di Meglio Milano. “Abbiamo scelto di proseguire l’attività al di fuori del Runts, con i limiti che ne conseguono. Se perdere il 5 per mille ci preoccupa poco, perché è stata sempre una voce di bilancio marginale, limitare l’opportunità di partecipare a bandi e rischiare di non riuscire a sostenere più alcune attività che abbiamo a cuore e che funzionano bene ormai da anni ci preoccupa molto.” Tra queste, ad esempio, c’è “Prendi in casa”, un progetto di abitare collaborativo tra residenti e giovani fuori sede che si traduce in scambio di aiuto, compagnia e alloggio, secondo una prospettiva solidale, sostenibile e intergenerazionale.

“Per garantire la continuità di questo progetto che per noi, anche per la lunga durata, costituisce un’eccezione ma ha una sua solidità e una sua rilevanza sul territorio, il Consiglio di Meglio Milano sta valutando nuove prospettive associative”, ha concluso Bergamasco.

Dopo aver tolto dal totale delle organizzazioni non profit censite dall’Istat le circa 100mila che sono iscritte al Runts e le 55mila che il legislatore non considera enti di terzo settore, fuori dal Registro rimangono circa 200mila soggetti che, per ipotesi, potrebbero entrare. “C’è però da considerare la differenza tra la definizione di istituzione non profit adottata dall’Istituto nazionale di statistica, basata solo sulla non lucratività, e quella più stringente del legislatore”, spiega Luigi Bobba, presidente di Fondazione Terzjus Ets ed ex sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali all’epoca dell’inizio della Riforma. “Gli Ets, infatti, oltre a non avere scopo di lucro, devono avere caratteristiche quali il perseguimento di finalità civiche e solidaristiche di utilità sociale, la democraticità, l’azione volontaria o mutualistica o di impresa sociale prevalente”.

Questo fa sì che dai circa 100mila soggetti iscritti al Registro del Coni (Comitato olimpico nazionale italiano) si possano escludere in partenza circa 50mila associazioni sportive che hanno come finalità la sola dimensione della competizione e non anche la promozione sociale. Ci sono poi due categorie di soggetti che al momento sono fuori dal Registro in attesa dei prossimi sviluppi della Riforma, per capire quale sarà la strada migliore da intraprendere.

La prima categoria è composta dalle 22mila organizzazioni iscritte all’anagrafe onlus dell’Agenzia delle entrate, di cui solo una piccola quota ha già scelto di costituirsi come Ets, mentre la gran parte sta aspettando di conoscere la decisione della Commissione europea sull’impianto dei regimi fiscali disegnato dalla Riforma. La seconda è composta dalle circa 50mila associazioni e società sportive dilettantistiche (Asd e Ssd) affiliate agli enti di promozione sportiva (Eps), che aspettano di vedere come il legislatore andrà a comporre alcuni aspetti difficilmente conciliabili tra la Riforma del Terzo settore e quella dello sport.

A fronte di questa scrematura rimangono fuori dal Runts circa 70mila soggetti che, per ipotesi, potrebbero costituirsi come Ets ma, per ora, non lo fanno.

Una di queste è “Oltre l’Occidente”, associazione culturale di Frosinone con circa trent’anni di storia alle spalle, nata da un gruppo di persone che provenivano da Amnesty International. “Ci siamo costituiti nel ‘94 per portare avanti un dibattito nazionale e internazionale sui temi dello sviluppo legati alla politica e all’economia, ponendoci in maniera critica rispetto a una realtà e un sistema che non condividiamo, perché allarga la forbice tra popolazione ricca e povera, creando condizioni di vita insostenibili per la maggior parte delle persone che abitano il pianeta”, racconta Paolo Iafrate, presidente di Oltre l’Occidente.

L’ente ha realizzato nella propria sede una biblioteca privata che ormai da tempo svolge un’attività pubblica riconosciuta dalla Regione Lazio e, negli anni, ha allargato il ventaglio di attività occupandosi di accoglienza e di sostegno a persone fragili attraverso doposcuola e corsi di italiano per stranieri, lavorando con il carcere nell’ambito della giustizia riparativa, con il servizio sanitario nell’ambito della salute mentale, ospitando a pranzo chi voglia condividere un pasto.

“Abbiamo collaborato in rete con altre associazioni e ci è piaciuto, ma per noi la richiesta di un riconoscimento e di una formalizzazione è sempre stata un problema, perché siamo nati come movimento di critica forte alla società attuale”, prosegue Iafrate. “La formalizzazione richiesta dal Codice del Terzo settore sembra un’omologazione complessiva delle diverse realtà che compongono il non profit, non riconosce le diverse situazioni, non le valorizza e, al contrario, mette sullo stesso piano coloro che davvero svolgono un’attività sociale continuativa per la comunità in maniera volontaria, dalle realtà che invece lavorano a progetto, se e quando riescono a vincere bandi e ottenere soldi per lavorare. La nostra è prima di tutto una missione sociale, non economica. Siamo sempre in bolletta, abbiamo crediti nei confronti di alcuni enti pubblici che chissà se e quando vedremo, paghiamo sempre in ritardo le utenze, ma la sede è sempre aperta, dalla mattina alla sera, perché finché esistiamo vogliamo esserci per le persone e per il territorio, non perché c’è un bando che ci finanzia e ci dà da lavorare. Detto ciò, è possibile che prima o poi dovremo piegarci al sistema, per non chiudere. L’ipotesi di iscriversi al Runts è sempre lì in un angolo, da discutere in qualche ordine del giorno di qualche assemblea, perché in effetti riuscire a sopravvivere è sempre più complicato”.

Officine di Resistenza Creativa” è un’associazione nata lo scorso anno dall’idea di un gruppo di amici che, durante la pandemia, avevano iniziato a leggere e commentare libri e articoli e hanno sentito l’esigenza di portare fuori dalla rete questa esperienza, “per rispondere al bisogno delle persone di ritrovare uno spazio di relazione, dove tornare a parlare di tematiche di interesse culturale e riportare l’individuo al centro della conversazione”, racconta Francesca Nardelli,  vice presidente.

L’associazione al momento conta quattro soci, meno del numero legale necessario (sette) per costituire un soggetto che possa entrare nel Runts, ma non sarebbe difficile raggiungerlo, perché ci sono molte persone interessate a entrare nell’organizzazione. “Riguardo alla possibilità di diventare enti del terzo settore ci siamo rivolti al Csv di Milano per capire come stesse evolvendo la normativa e valutare il da farsi”, ha spiegato Nardelli. “Ci siamo trovati di fronte a un panorama in divenire, non ancora del tutto chiaro, ma con molti paletti, molte richieste e scadenze da rispettare che forse per noi, ancora giovanissimi, non sono sostenibili. Ci siamo rivolti anche ad altri studi di commercialisti, abbiamo ascoltato pareri che spesso erano discordanti tra loro rispetto all’opportunità di stare dentro o fuori dal Runts. Abbiamo scelto di fermarci. Al momento vogliamo vedere da un lato come evolve la Riforma, dall’altra come crescerà nel prossimo futuro l’ossatura dell’associazione, anche per scegliere eventualmente con quale forma giuridica costituirci come Ets”.

Le voci raccolte in giro per l’Italia, anche se non possono essere rappresentative di tutte le non profit per il momento fuori dal Runts, riportano una critica più o meno forte e diffusa su tutto il territorio nazionale nei confronti degli adempimenti necessari per poter essere enti di terzo settore. Su questo tema interviene Alessandro Lombardi, direttore generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Lombardi, le cui dichiarazioni fatte nel presente testo sono frutto esclusivo del suo pensiero e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione di appartenenza, ha fatto notare che “anche prima del Codice del Terzo settore, una volta all’anno, le associazioni dovevano svolgere un’assemblea e approvare un bilancio d’esercizio. Dovevano tenere un registro dei soci, un registro dei volontari e questi dovevano essere assicurati. L’unica vera differenza è l’obbligo di deposito di alcuni atti e informazioni nel Runts. Dunque, l’onere amministrativo in più previsto, almeno per le piccole associazioni, è solo un onere di pubblicità e trasparenza. Il legislatore ha fatto una scelta: considera determinate organizzazioni, cioè quelle facenti parte del Terzo settore, maggiormente meritevoli di tutela nei confronti del complesso degli enti non profit. Da qui discende la previsione di oneri che altre organizzazioni non hanno, ma anche una serie di benefici e vantaggi, preclusi ad altri soggetti, che bilanciano quegli oneri”.

La Riforma riconosce gli Ets come attori primari nell’esercizio del principio di sussidiarietà orizzontale e affidatari di risorse da parte delle amministrazioni pubbliche, così come previsto dagli articoli 55 – 57 del Codice. In virtù di questo, gli obblighi di pubblicità e trasparenza a cui sono soggetti costituiscono una forma di garanzia di un utilizzo corretto e responsabile di tali risorse.

“Il Codice del Terzo settore indica chiaramente una sorta di preferenza per gli Ets, ovverosia del dovere di sostenere e promuoverne l’attività. Il principio di favore nei confronti degli enti non comporta tuttavia il divieto per l’amministrazione pubblica di avere relazioni anche con altri soggetti del privato sociale”, spiega Luciano Gallo, referente contratti pubblici e innovazione sociale, diritto del Terzo settore della Associazione nazionale Comuni Italiani (Anci) Emilia-Romagna. “L’amministrazione pubblica, infatti, mantiene il potere di intrattenere rapporti con altri soggetti non profit”.

Questa prerogativa si rivela importante sia perché permette di non disperdere capitale sociale, sia perché, in alcuni territori, specialmente quelli più piccoli e isolati, può capitare che siano presenti solo organizzazioni non profit che non hanno la qualifica di enti del terzo settore. 

“Il capitale sociale è uno strumento essenziale di tenuta sociale, di coesione. E l’amministrazione pubblica si preoccupa di tenere in vita le diverse forme di espressione di cittadinanza attiva”, conclude Gallo. Secondo la sua opinione è importante che gli enti locali, per massima trasparenza, adottino o rivedano i regolamenti per l’amministrazione e condivisa secondo le novità introdotte dalla Riforma ed esplicitino con chiarezza le modalità di relazione con i diversi soggetti che sono o non sono enti del Terzo settore.

Non è possibile dire con certezza se e quale sia il profilo tipico delle associazioni che per motivazioni diverse potrebbero essere iscritte al Runts ma al momento non lo sono, tuttavia, dall’osservatorio informale dei Centri di servizio per il volontariato, emerge la sensazione che siano le associazioni piccole e piccolissime le più critiche nei confronti della legislazione sul Terzo settore. Lo stesso Bobba, che ha raccontato come in un’associazione di cui fa parte su dodici persone soltanto sei avessero lo Spid e nessuno la firma digitale, è convinto che ci siano alcuni aspetti da migliorare. “La Riforma già nel suo impianto ha distinto gli enti tra loro a seconda della dimensione e delle caratteristiche. Invece, nell’applicazione delle procedure telematiche, questa distinzione non c’è stata. Come ho già detto alla viceministra del ministero competente Maria Teresa Bellucci, a mio avviso la procedura andrebbe alleggerita per gli enti che hanno dimensioni limitate in termini di bilancio, numero dei soci volontari, lavoratori. Anche perché molti hanno bilanci sotto i 30.000 euro”, ha proseguito il presidente di Fondazione Terzjus. Secondo la sua opinione “dovrebbe essere possibile delegare l’aggiornamento dei dati all’interno del Registro un soggetto esterno abilitato, che potrebbe essere una persona esperta all’interno dei Csv”.

“Gabriella e Mario”, partecipanti al progetto “Prendi in casa” di MeglioMilano. Foto realizzata per la mostra “Punti di incontro – Meeting Points” © Jordan Angelo Cozzi

TI POTREBBERO INTERESSARE