I nuovi protagonismi del volontariato si nutrono di competenza e passione. Come quello di Virginia Libero, presidente del circolo Auser Blowup di Portello, Padova. Virginia ha 27 anni e sta finendo i suoi studi di giurisprudenza all’Università di Padova. La sua storia di attivista e volontaria è nata alle scuole superiori con la partecipazione alla Rete degli Studenti Medi ed è proseguita all’Università con l’Unione degli Universitari. Studia giurisprudenza e dai tempi della pandemia da covid ha partecipato alla rigenerazione di uno spazio nel quartiere Portello di Padova che è diventato un punto di riferimento e di aggregazione per chi abita il quartiere.

Virginia, come e perché hai iniziato a fare tutto questo?
Nelle associazioni studentesche ho imparato a sporcarmi le mani, organizzando i festival ed eventi inseguendo obiettivi da realizzare insieme agli altri. Quando cominci a fare le cose da studente è più facile proseguire quando cresci. Durante la pandemia abbiamo fondato il circolo Blowup scrivendo un progetto con il sindacato dei pensionati della Cgil e l’Auser per rimettere in sesto un luogo abbandonato da tempo.
Come descriveresti il quartiere dove avete costruito questo progetto?
È un quartiere complicato: popolare e abitato da due generazioni differenti: studenti universitari e residenti molto anziani e spesso soli. Si era creata una dinamica di conflitto generazionale fra generazioni che però hanno molto da condividere. La narrazione del quartiere che si trovava sui giornali raccontava i muri che c’erano, non i ponti. Volevamo abbattere barriere e sviluppare relazioni sane fra due anime della città.
Fare volontariato significa quindi anche fare politica?
Il mio attivismo è diventato subito importante perché è un modo di fare politica molto pratico dal basso con la conoscenza diretta delle persone. Prima erano dei volti e non delle persone. Poi sono nati i legami: come quello col signor Francesco che ha 97 anni, o la signora Aurora che tutti i giorni viene da noi a fare giardinaggio o ancora il signor Renato che ci raggiunge per giocare a biliardino e a bocce dentro al circolo. Era un luogo già importante e lo stiamo sistemando con un investimento del Comune per renderlo più bello e funzionale. Iniziare a fare politica qua dentro è stato naturale dopo il percorso fatto con le associazioni studentesche.
Il vostro impegno è stato sostenuto e incoraggiato?
Abbiamo avuto la fortuna e la perseveranza di collaborare con Auser e con il sindacato dei pensionati. Non hanno avuto paura di lasciare ai giovani la partita, ma ci hanno investito costruendola insieme un passo alla volta. Il primo anno non riuscivamo a tenere aperto tutti i giorni, dal secondo sì. È uno spazio che consente di essere protagonista a chiunque lo attraversa: chi vuole fare una mostra sulla Resistenza in questo quartiere trova il modo di farlo, poi abbiamo organizzato i corsi di panificazione per chi voleva imparare a fare il pane.
Come descriveresti il rapporto che c’è fra i volontari?
C’è uno zoccolo duro di volontari significativo che supera le 50 persone. Sono quasi tutti studenti che si occupano della parte più pesante: l’apertura, la chiusura, la pulizia. I pensionati aiutano molto durante gli eventi: ci danno una mano a cucinare agli eventi. Abbiamo un’organizzazione interna con un consiglio di presidenza composto da otto persone che occupano più della parte logistica e organizzativa. Poi ci sono i gruppi come quello della cultura, l’artistico che cura la parte musicale e quello sui corsi di panificazione fumetto, rammendo ceramica. Poi ce n’è uno che cura la comunicazione: i social, il rapporto con la stampa e il volantinaggio. Facciamo molto porta a porta perché non tutti sono tecnologici.

C’è una cosa di cui andare particolarmente fieri?
Abbiamo deciso di fare un’altra scommessa provando ad andare incontro a residenti e studenti e organizzato una vera e propria sagra in Piazza Portello: lì c’è l’emblema di quello che siamo in grado di fare. La cucina è messa in piedi da ottantenni e ventenni, ci sono persone di ogni età e genere intorno ai tavoli. C’era tutto il quartiere in piazza a ballare e crediamo che gestualità di questo tipo siano pieni di significato politico e di valori in questo spazio.
Virginia, la vostra esperienza in che modo racconta come dare protagonismo ai giovani e ai nuovi?
Per farlo dobbiamo avere in cambio quello che si è aperti a dare: protagonismo a chiunque abbia proposte, ovviamente che abbia dentro dei paletti valoriali. Dare protagonismo significa riuscire a delegare e responsabilizzare sulle gestioni. Il consiglio che darei è quelli di far fare a costo di far sbagliare. Perché è così che si impara molto. Gli studenti con le loro organizzazioni sono una risorsa a cui attingere perché hanno esperienza e capacità incredibili da continuare a donare agli altri.