di Clara Capponi – 15 maggio 2025

Un ponte tra comunità, cura e cultura

 I Csv sostengono un’arte che connette e costruisce relazioni. E' il teatro per la salute mentale, partecipato e civile.

C’è un’arte che cura, che connette, che costruisce relazioni dove prima c’erano solo diagnosi. È il teatro, nelle sue forme sociali, partecipate, civili. E c’è un’infrastruttura, quella dei Centri di servizio per il volontariato, che negli ultimi anni ha lavorato per esplorarne il potenziale come leva di inclusione e trasformazione sociale, in particolare nel campo della salute mentale.

Si è concluso con la pubblicazione del report nazionale  “A un passo dalla scena” il progetto di ricerca “Teatro e salute mentale”, coordinato da Volabo, il Csv di Bologna, in collaborazione con l’Istituzione Gian Franco Minguzzi, Regione Emilia – Romagna e Associazione Arte e Salute Aps.

Un percorso triennale che ha coinvolto decine di compagnie teatrali in 16 regioni italiane, analizzando pratiche, linguaggi, modelli organizzativi e impatti del teatro quando diventa strumento di protagonismo delle persone con disagio psichico e di costruzione di nuove forme di comunità.

Il progetto ha visto la partecipazione attiva di 36 Csv, che hanno contribuito a mappare, collegare e accompagnare le realtà territoriali, oltre 40 aziende sanitarie e 180 organizzazioni non profit coinvolte in pratiche di teatro per la salute mentale su tutto il territorio nazionale, fungendo da veri e propri “nodi di connessione” tra le compagnie, i servizi sociosanitari e il volontariato locale.

Il report finale evidenzia come l’esperienza teatrale possa promuovere il benessere individuale e collettivo, creare nuovi spazi di cittadinanza attiva, ridurre lo stigma e favorire l’incontro tra mondi che faticano a comunicare. Le compagnie osservate agiscono spesso in contesti di frontiera, costruendo reti informali e progettualità ibride che coinvolgono operatori della salute, volontari, educatori e cittadini.

L’esperienza nasce da lontano: «Già nel 2016 alcuni Csv emiliani si sono messi insieme per sostenere le richieste di familiari e utenti che vedevano nel teatro una possibilità di socializzazione e riconoscimento – racconta Cinzia Migani, direttrice del Csv di Bologna e referente del progetto –. Questo ha aperto un dialogo con i Dipartimenti di salute mentale e con la Regione, che ha iniziato a finanziare percorsi specifici».

Il report finale mette in luce anche come il teatro non sia solo uno strumento terapeutico. «È anche spazio di inclusione sociale e culturale. Un volano per la costruzione di reti interattoriali, per l’inserimento nelle comunità, e in alcuni casi, per percorsi di professionalizzazione», sottolinea Migani.

La ricerca ha portato alla definizione di quattro modalità d’azione – teatro come strumento professionalizzante e riabilitativo, per la lotta allo stigma, per lo sviluppo di processi partecipativi che animano le comunità, per favorire l’innovazione culturale – e alla condivisione di un Manifesto nazionale, sottoscritto da 190 soggetti.

In parallelo, sono stati attivati nuovi focus con le organizzazioni mappate e i Csv per riflettere sulla sostenibilità dei progetti e strumenti operativi. «Molte realtà culturali o di volontariato attive in questo ambito hanno faticato a reggere i cambiamenti della riforma del Terzo settore – osserva Migani –. Ma nonostante questo, e grazie all’accompagnamento anche dei Csv, le organizzazioni hanno assunto un protagonismo nuovo, usando il teatro come motore di partecipazione».

Le connessioni nate in questo percorso stanno superando anche i confini nazionali: «Abbiamo avviato un confronto con esperienze italiane in Brasile, dove il teatro è al centro di progetti di comunità in salute. Un segno che questo approccio parla a contesti diversi, ovunque ci sia bisogno di ricostruire legami».

A questo link il focus di Vdossier con interviste e approfondimenti alle protagoniste e protagonisti del progetto “Teatralmente Teatri della salute”  all’interno del quale è nata l’idea della ricerca nazionale.

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