di Francesco Bizzini – 1 febbraio 2024

Il pubblico, le nostre volanti

 Intervista a Federica Sciarelli, da vent’anni al timone della trasmissione di Raitre “Chi l’ha visto?”

Sessantacinque anni, romana di Roma, ma dalle radici partenopee, inizia la carriera giornalistica grazie a una borsa per l’avviamento alla professione, ottenuta arrivando seconda in graduatoria sì, ma mettendo nello specchietto retrovisore diecimila partecipanti. Nel 1987 è tra le prime giornaliste a lavorare nella redazione politica del Tg3, ai tempi diretto da Sandro Curzi. Da quel debutto non lascerà più la terza rete Rai, che, dal 2004, le affida le redini del programma “Chi l’ha visto?”. Il suo ventennale impegno è sì ripagato dagli ascolti stellari, due milioni di telespettatori a puntata circa, ma anche da un esercito composto da migliaia di agguerriti fan che le dedicano pagine e gruppi sui social dai titoli roboanti, quali “We Love Federica Sciarelli”, “Anche se fuori è magnifico, Federica Sciarelli di più” oppure “Le bimbe di Federica Sciarelli”. Spenti i riflettori e conclusa la giornata in redazione, la incontriamo per chiederle, al netto dell’affetto popolare, quanto l’impegno volontario del pubblico sia importante per un programma di servizio quale il suo.

“È importantissimo proprio a livello pratico. Su dieci appelli di scomparsa, di solito, cinque sono risolti grazie ai telespettatori. Infatti, i famigliari di chi scompare allertano le forze dell’ordine, ma queste non possono dispiegare agenti se non le volanti che già hanno sul territorio. Grazie ai telespettatori è come se riuscissimo ad allertare due milioni di volanti. Per il nostro programma gli ascolti sono importanti perché più ne abbiamo più abbiamo la possibilità di riportare a casa le persone. È così formidabile il loro aiuto che anche carabinieri e polizia invitano i cittadini a rivolgersi, oltre che a loro, anche alla trasmissione. Il pubblico è così solidale che ci è capitato il caso di una signora che si era persa, in stato confusionale, in via Nomentana a Roma e due nostre telespettatrici di quel quartiere sono scese in strada con il portatile acceso con la foto della scomparsa e dopo 30 minuti l’hanno ritrovata. Sono, insomma, portatori sani di solidarietà, percependo e comprendendo che è importante attivarsi perché ciò che accade al nonno altrui, potrebbe capitare al loro”.

Come processate le informazioni che vi arrivano dai cittadini che decidono di darvi una mano?

“La mail 8262@rai.it funge da contenitore e la presidiamo costantemente, dividendoci proprio in turni noi della redazione per leggere tutto, anche durante i weekend o quando il programma d’estate non è in onda. Questo flusso, che ovviamente poi vaglio di persona, viene poi instradato da chi è di turno verso il redattore che si occupa dello specifico caso.”

Immagino vi arriverà di tutto in termini di segnalazioni. C’è qualche accortezza che si sente di consigliare per affinare questa volontà di collaborare dal basso e così aiutare sempre più e sempre meglio voi e le forze dell’ordine?

“Noi diciamo sempre che è importante che chi avvista qualche scomparso, sempre con grande delicatezza, lo cerchi di fermare per chiedere se sia effettivamente lui. Nel mentre può chiamarci e possiamo confrontare ciò che il telespettatore ha davanti magari con un particolare fisico che durante la trasmissione non era stato divulgato. Noi, comunque, consigliamo sempre di segnalare. Riceviamo tantissime fotografie che poi sottoponiamo ai famigliari. È poi compito nostro capire se è la segnalazione giusta o no”.

In 20 anni si ricorda un caso di scomparsa risolto in maniera inaspettata proprio grazie all’aiuto della cittadinanza attiva?

“Ultimamente mi ha stupito una telespettatrice milanese che ci ha aiutato a ritrovare un ragazzo di Caserta e ritrovato ricoverato all’ospedale Niguarda di Milano. La signora era al pronto soccorso e si è ricordata di aver sentito, al di là della tenda separatrice, i medici interagire con un ragazzo campano in stato confusionale. Ed era proprio lui.

Associazione Penelope è storicamente al vostro fianco, ma se la sente di invitare alla collaborazione attiva anche le realtà non profit che non si occupano di persone scomparse, ma che vorrebbero darvi una mano?

Noi siamo aperti a ogni tipo di collaborazione che aiuti la nostra missione. C’è una signora, volontaria della Caritas, che ci ha contattato dicendoci che dal loro centro passano tantissime persone che potrebbero essere nostri scomparsi e per noi, questo, è importantissimo, anche perché un clochard potrebbe avere una famiglia che lo vorrebbe riportare a casa.

L’esposizione televisiva del dolore, ma anche sul web, è diventata mercato per una sorta di voyeurismo della sofferenza, c’è un modo per essere accanto al dolore e raccontarlo, restando umani?

Io dico sempre ai nostri invitati e autori: non indugiate nei particolari. Se una persona è stata uccisa con un coltello, non c’è bisogno di contare le coltellate o di raccontare in quale parte del corpo sono state inferte. I dettagli, se non necessari, sono inutili. A me addirittura prendono in giro perché uso sempre il termine ‘persona fragile’, anche quando noi in redazione sappiamo già se il soggetto soffre di tossicodipendenza o se ha lasciato un biglietto con intenti suicidi. Semplicemente cerchiamo di entrare il meno possibile nella sua vita privata. In trasmissione non dico mai se la persona è malata di Alzheimer, ma lascio che siano i parenti a dichiararlo eventualmente, io dico che è una persona che può aver perso il senso dell’orientamento e aver difficoltà a tornare a casa.

Settimanalmente, un po’ come capita a chi si occupa di cronaca nera, siete a contatto con la sofferenza e la tragedia, avete un “antidoto” a questa difficile esposizione per continuare la vostra missione, nonostante tutto?

Ci tengo sempre a dire che il nostro programma non si occupa di cronaca nera, ma di sociale, aiutando le persone e raccontando il Paese. Tutti noi ci immedesimiamo nelle storie che trattiamo, anche perché i famigliari delle persone scomparse chiamano a ogni ora quando hanno dei dubbi e quindi ognuno di noi si porta a casa il lavoro. Non serve avere una corazza per farlo, perché siamo così tanto contenti quando aiutiamo a risolvere un caso di scomparsa che andiamo avanti per questo.

Federica Sciarelli © ANSA GIORGIO ONORATI

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