di Chiara Castri – 12 dicembre 2023

Manager nel non profit? Meglio se volontari

 La ricerca condotta tra gli ETS del Lazio da Cesmal e Csv Lazio, racconta che c'è fame di figure guida, dotate di specifica preparazione e intraprendenza. Ma anche tanto timore: il 41% accetterebbe l'inserimento di un manager sì, ma se non fosse volontario lo percepirebbe come elemento estraneo alla propria natura

Negli ultimi decenni il Terzo Settore ha vissuto un profondo sviluppo, non sempre accompagnato da un’organizzazione, o riorganizzazione, dei processi e da una managerializzazione dei profili coinvolti. Tuttavia quello delle competenze manageriali del Terzo Settore è tema oramai fondamentale a fronte delle complessità con cui deve confrontarsi e delle spinte ad un dialogo sempre più necessario con il profit.

La ricerca Il management nel Terzo settore, curata da Cesmal (Centro Studi sul Management e il Lavoro) – associazione di promozione sociale romana che basa il suo lavoro sulla diffusione di una cultura e di una responsabilità sociale personale, sulla centralità della persona, sulle relazioni di reciprocità, sulla funzione sociale del profitto d’impresa – in collaborazione con CSV Lazio, è il primo studio organico che intende rispondere a queste domande: ci sono e chi sono i manager negli ETS del Lazio? Quali sono i deterrenti all’ingresso di figure manageriali nelle organizzazioni? Quale contributo possono dare i manager agli ETS nel raggiungimento dei propri obiettivi? Quali le leve di spinta ad una maggiore managerializzazione nel settore?

Condotta tra marzo e giugno 2023 con la somministrazione di questionari online anonimi ad un campione di 300 rappresentanti di ETS individuati grazie alla collaborazione con CSV Lazio e il contributo del Centro Studi Ricerca e Documentazione presso CSV Lazio alla revisione degli item, la ricerca fotografa un Terzo Settore in chiaroscuro, da un lato “costretto al nanismo”, per usare le parole di Antonio Votino, presidente Cesmal, dall’altro attore necessario di una fase di crescita e di una crescente domanda di servizi che lo chiamano ad affrontare il tema del management, della gestione.

Se il 42,9% degli ETS – quasi la metà – ha meno di 10 volontari, un altro 43% viaggia tra gli 11 e i 40. Se solo nel 6% degli ETS è già presente una figura con contratto da dirigente, quasi la metà delle organizzazioni (il 46,7%) è consapevole che una gestione manageriale migliorerebbe il rapporto con il personale e i volontari e il 56% ritiene che la migliorerebbe la gestione operativa e funzionale. Eppure più della metà degli ETS non ha mai valutato l’inserimento di un manager o di un dirigente nell’organizzazione. Se, tra questi, la metà pensa che non riuscirebbe a coprire i costi, viene anche paventata una inconciliabilità del manager con la visione dell’organizzazione.

Il tema di una presunta inconciliabilità, apre, secondo Antonio Votino un ragionamento sul rapporto tra profit e non profit, che per il presidente Cesmal, “deve ancora maturare all’interno degli ETS”, anche se, continua, “non vedo un ponte tanto lungo tra profit e non profit. Credo che la centralità della persona sia questo ponte, come riscontro nel fatto che il 41% del campione vedrebbe possibile l’inserimento di manager nell’ente come volontario. C’è una predisposizione ad accettare figure chiamate a dare un coordinamento organizzativo, non viste come corpi estranei, ma come volontari. Un atteggiamento di profonda maturità degli Enti per Votino, consapevoli che, di fronte alle sfide future che più li preoccupano – nuovi finanziamenti al primo posto – e ai mutamenti normativi che hanno attraversato il Terzo settore e le incombenze che essi richiedono, la presenza di figure manageriali – anche come volontari – attribuirebbe un valore alla loro azione”.

Le distanze tra mondo profit e mondo non profit sono diminuite, concorda Cristina De Luca, presidente CSV Lazio: “Lo scenario entro il quale il terzo settore si trova ad operare e con il quale deve confrontarsi nella sua azione è cambiato: mondo profit e mondo non profit si sono avvicinati, per una serie di ragioni diverse, a partire dalla necessità di concorrere a costruire un futuro più sostenibile, da un lato, e di migliorare la capacità di misurazione d’impatto delle proprie azioni, dall’altro. Ben venga allora la riflessione che da questa ricerca può prendere il via: le competenze e le sensibilità storiche che caratterizzano e definiscono questi due mondi possono unirsi per costruire qualcosa di nuovo e più importante per il futuro delle nostre comunità. Attraverso l’osmosi tra competenze diverse possiamo realizzare percorsi che aiutino profit e non profit, nel rispetto della storia di ognuno, a condividere una strada che permetta di rendere il nostro Paese più capace di far fronte alle sfide che ci attendono”.

Il rapporto completo di ricerca sarà disponibile nei primi mesi del 2024 sul sito cesmal e csv lazio.

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