di Silvia Gheza – 3 dicembre 2021

Sicilia: occhio al portafoglio della democrazia partecipata

 L’esperienza di Spendiamoli Insieme, progetto di volontariato civico che vigila e promuove il buon uso delle risorse per il bene comune

L’acquisto di defibrillatori. Un monologo teatrale in memoria di una giovanissima vittima di mafia. Montare giostre inclusive nel parco cittadino. Una nuova cucina per il Centro Anziani.
Trasformare le vecchie cabine elettriche in opere di street art. In Sicilia la democrazia partecipata è legge dal 2014 e per monitorare dal basso questo processo c’è il volontariato. Con il fine di migliorare l’uso dei fondi a disposizione (circa 4
milioni e mezzo ogni anno), ma anche per raccontare le tante belle storie di partecipazione che sono nate in questi anni in regione, nasce Spendiamoli Insieme, un progetto di volontariato civico per promuovere un buon uso di queste risorse.
Lanciato a marzo 2021 dall’associazione Parliament Watch Italia, non profit messinese impegnata dal 2016 per sostenere e diffondere la Cultura dell’Open Government e ideato nell’ambito delle attività del laboratorio di monitoraggio civico Libellula, Spendiamoli Insieme prova – e in buona parte l’obiettivo è già raggiunto – a colmare innanzitutto il vuoto informativo che l’applicazione della legge n. 5 art. 6, comma 1, del 2014 porta con sé. La direttiva, infatti, ribadisce una cosa chiara: ogni anno i Comuni siciliani sono obbligati a spendere il 2% dei fondi ricevuti dalla Regione coinvolgendo i
cittadini nella scelta dei progetti da realizzare, pena la restituzione di questi fondi. Un caso unico in Italia per la capillarità che la legge dispone, coinvolgendo un territorio che di abitanti ne ha 5 milioni a popolare i 390 (dal 2021 sono 391)
Comuni dell’isola.
Per questo una rete di persone e associazioni che si riconoscono nel progetto ha costruito la prima affidabile fonte di informazione sull’utilizzo passato e presente delle risorse per la democrazia partecipata, raccogliendo circa
3.000 documenti ufficiali (regolamenti, delibere, avvisi pubblici) pubblicandoli, insieme ad altro genere di informazioni (articoli di giornali, post sui social network), in maniera chiara e aggiornata, Comune per Comune.

A Linguaglossa, provincia di Catania, il viaggiatore che si inoltra tra i vicoli trova un tripudio di colori e murales che formano un vero e proprio museo a cielo aperto, con tanto di targhe e spiegazioni, in italiano e in inglese, grazie al lavoro dell’associazione Cultura Aetnae. A Bronte, sempre in territorio catanese, in Contrada Brignolo, dove una volta c’era una discarica, le Giacche Verdi hanno preso in gestione l’area e l’hanno resa fruibile per tutti con un percorso eco-didattico nel bosco. A Villafranca Tirrena, provincia di Messina, è stato messo in scena il monologo teatrale “Al Posto Giusto” in memoria della giovanissima vittima di mafia Graziella Campagna. Salemi, nel trapanese, ha scelto di avvicinare il più possibile grandi e piccini al piacere della lettura, installando delle casette per lo scambio dei libri. A Comiso, nel libero consorzio comunale di Ragusa, durante passeggiate naturalistiche tra le zone più belle e suggestive della città, sono stati realizzati interventi contro le discariche abusive. Inoltre i Gruppi di Ricerca Ecologica locali lavorano alla bonifica e alla messa in sicurezza della dimenticata catacomba-cisterna del parco naturalistico e archeologico di Cava Porcara. Spiagge accessibili a tutti a Sciacca, Agrigento, con il posizionamento di passerelle e scalette sugli arenili. A un’ora e mezza di macchina, a Canicattì, con la democrazia partecipata invece si rigenera il campetto da calcio di Via Inghilterra.

Nel concreto, oltre la raccolta, la comunicazione e la valorizzazione di questi casi emblematici, un esempio di operatività quotidiana di questo agguerrito gruppo di volontarie e volontari, è proprio il monitoraggio, da marzo 2021, di un appalto dell’Università di Messina. Sotto gli occhi dei partecipanti al laboratorio c’è l’utilizzo, dall’acquisto alla destinazione, dalla riconversione alla messa in opera, dell’immobile ex Banca d’Italia che l’Ateneo ha acquisito per trasformarlo in plesso universitario. “La nostra ipotesi – spiegano Francesco Saija e Giuseppe D’Avella, fondatori di PWI – è che questi percorsi ad alto contenuto partecipativo possano incidere positivamente sulla spesa di denaro pubblico a livello locale, generando risparmi e costruendo fiducia tra istituzioni e cittadini. Dal 2016 lavoriamo per attivare questi processi in Sicilia. Crediamo che queste forme di alleanza tra comunità e governi locali siano al centro di una democrazia in salute e fondamentali per restituire al cittadino agibilità nello spazio pubblico. I nostri sforzi si muovono in due direzioni. Da un lato proviamo a costruire e sostenere variegate comunità monitoranti locali che coinvolgano diversi attori: le scuole e il mondo dell’educazione, insieme a quelli della ricerca, dell’informazione e dell’attivismo. In secondo luogo, costruiamo
relazioni tra queste comunità e la Pubblica Amministrazione intorno all’importanza del coinvolgimento civico nei processi di interesse comune. Una parte importante del nostro lavoro consiste nel garantire risorse economiche che possano sostenere queste attività. Per questo non possiamo accettare che i fondi per la democrazia partecipata, pensati appositamente per favorire la partecipazione civica, siano sprecati. Così abbiamo lanciato Spendiamoli Insieme”.

Si tratta di una tabella che, per ciascun Comune, elenca la somma a disposizione, quella effettivamente spesa e quella eventualmente da restituire. A colpo d’occhio l’informazione fondamentale è presente e – pur fermandosi al 2019 – racconta di tanti soldi, circa la metà dei 4 milioni e mezzo disponibili, che tornano al mittente perché le procedure di coinvolgimento civico non vengono avviate. Altrettanto a colpo d’occhio, però, di informazione ne manca tanta: la tabella assessoriale non dice quali progetti vengono finanziati, con quali procedure di ingaggio della cittadinanza, né illustra le regole di funzionamento dei processi. Così facendo, qui e là nell’isola si sviluppano sia situazioni di grave ritardo, che belle storie
di partecipazione e, troppo spesso, le une come le altre passano sotto silenzio. Conoscere i dati, caso per caso, sia quelli storici sia quelli di aggiornamento, è il primo passaggio irrinunciabile perché i siciliani possano diventare consapevoli di quanto sta accadendo e, soprattutto, di quanto dovrebbe accadere.
Di fatto grazie al sito www.spendiamolinsieme.it ogni abitante dell’isola può sapere se il proprio Municipio ha speso i soldi
disponibili, per fare cosa e quante persone sono state effettivamente coinvolte durante il processo decisionale. Troppo poche, nella maggior parte dei casi. Tra le 9 “capitali” solo 2 sono “virtuose”. Dal 2016 a oggi ogni anno il Comune di Palermo ha restituito alla Regione somme comprese tra i 250 mila e i 350 mila euro. Il motivo della restituzione?
Il Consiglio comunale non ha mai approvato il regolamento per la democrazia partecipata, documento obbligatorio dal 2019 che stabilisce le “regole” per poter spendere questi fondi. Senza regolamento non si avviano i processi. A Messina, nel 2020, a decidere l’utilizzo dei circa 100 mila euro messi a disposizione di progetti “a democrazia partecipata” sono stati 658 cittadini, come dire: lo 0,28% degli aventi diritto di voto.

Ad Enna, sempre nel 2020, il progetto è stato invece deliberato sulla base di 7 preferenze. Più virtuose, invece, sono state
le amministrazioni di Ragusa e Siracusa. Nelle due città, infatti, il processo è completo: c’è il regolamento, ci sono gli avvisi e i cittadini possono presentare propri progetti. Ma c’è una differenza. A Ragusa ad assegnare il “punteggio” alle proposte, dunque a decidere quale realizzare, è un tavolo tecnico, mentre a Siracusa i progetti sono sottoposti (in assemblea pubblica o tramite voto) alla selezione da parte della cittadinanza. Ad Agrigento negli ultimi due anni non si trova traccia sul web dell’avviso che il Comune dovrebbe emanare per coinvolgere la cittadinanza nella scelta dei progetti da finanziare con i fondi della democrazia partecipata e a Catania, dove in ballo ogni anno ci sono somme che sfiorano i 200 mila euro, i cittadini non possono presentare propri progetti ma solo dare la propria preferenza a una delle azioni proposte dal Comune, il che è come dire che di fatto decide l’ente locale. A Caltanissetta il processo funziona fino a quando non si tratta di realizzare ciò che è stato deciso con forme collaborative. Il ritardo accumulato per la realizzazione dei progetti, infatti, supera i due anni. A Trapani, infine, i fondi del 2020 (quasi 29 mila euro) sono stati impiegati, ma le informazioni si rintracciano non sul sito ufficiale del Comune ma sulla stampa locale.
Andando oltre questa prima ricognizione sulle nove città più grandi dell’isola, altrettanto significative – e diversificate – sono le situazioni di tutti i Comuni siciliani, tra i quali c’è chi riesce a spendere e chi no, chi spende “insieme e bene” – rispettando appieno la ratio della legge regionale sulla democrazia partecipata – e chi invece prende meno sul serio il coinvolgimento, peraltro obbligatorio, dei cittadini. Secondo i dati ufficiali forniti dall’Assessorato Regionale alle Autonomie Locali, infatti, molti Comuni non riescono ad attivare il processo di coinvolgimento della popolazione. Non è tutto. Anche là dove gli enti
locali hanno svolto la propria parte e messo a disposizione dei residenti l’opportunità di scegliere come investire i fondi, spesso a decidere, come nel caso di Messina illustrato poc’anzi, sono frazioni infinitesimali della cittadinanza, che nel suo
complesso è raramente informata di questa occasione.
Così Spendiamoli Insieme ha lanciato una campagna di sensibilizzazione, rivolta sia alle pubbliche amministrazioni che alla popolazione, per invitare ad un corretto uso dei fondi. Sono in corso e continueranno per tutto il 2021 e il 2022, gli incontri organizzati dal progetto con le comunità locali. Momenti di ascolto e di confronto per capire cosa funziona e cosa invece
non va bene nei processi diffusi sull’isola e per trovare soluzioni condivise. Parallelamente il progetto svolge un’azione di advocacy, incontrando i decisori locali e regionali per riflettere sulla possibilità di un miglioramento dell’attuale legge che se da un lato stabilisce un principio di sicuro valore dall’altro presenta ancora buchi neri di interpretazione che vanno affrontati per garantire una corretta applicazione della norma. Un’audizione in Commissione Parlamentare regionale, lo scorso maggio, ha avviato questo dialogo tra la società civile e i rappresentanti politici che oggi coinvolge pure ANCI Sicilia. “I risultati dell’interlocuzione sono ancora da verificare – spiegano Saija e D’Avella – ma quello che è successo e sta succedendo attorno al sito www.spendiamolinsieme.it è un esempio chiaro di cosa significa in concreto “open government” e di quale impatto, significativo ed efficace, possa avere sulla comunità nella sua interezza. Fino ad oggi, si tratta infatti di un processo virtuoso che ha visto ciascuno fare appieno la propria parte: i territori nelle loro organizzazioni civiche e non profit, con cui sempre più di frequente entriamo in contatto con l’obiettivo di partecipare proattivamente al presente e al futuro della legge e della democrazia partecipata; alcuni enti finanziatori, e in particolare Civic Europe e Fondazione CON IL SUD, hanno compreso l’importanza del progetto e lo hanno sostenuto e promosso; la stampa, e in particolare il quotidiano La Sicilia, ha svolto il suo servizio di “sentinella” a tutela dell’interesse collettivo, dando vita ad una lunga serie di approfondimenti basati sui dati forniti dal nostro progetto capaci di coinvolgere e interessare i siciliani; l’istituzione
regionale, e in particolare la Commissione speciale di indagine e di studio per il monitoraggio dell’attuazione delle leggi dell’Assemblea Regionale Siciliana, ha deciso di approfondire la questione facendo la scelta di audire con attenzione tutti i diversi portatori di interesse; l’ANCI, organismo di rappresentanza dell’ente locale direttamente coinvolto, ha predisposto un’occasione di confronto e dialogo a più ampio spettro, chiamando a interloquire non solo i Comuni ma anche la Commissione speciale Ars. Tanti protagonisti, ciascuno con un ruolo, una funzione, una competenza specifica, stanno costruendo insieme un vero e proprio modello d’azione, una delle best practice che, con legittimo orgoglio, la Sicilia può illustrare ed “esportare”. Ed è il caso di sottolineare che questo percorso, oltre che elemento di crescita di consapevolezza civica e di partecipazione, è sotto tutti gli aspetti molto concreto. La già buona normativa regionale siciliana sulla democrazia partecipata, grazie alle indicazioni e alle istanze provenienti dai diversi protagonisti, può essere ulteriormente migliorata, favorendone così diffusione e attuazione, con tutto ciò che questo comporta in termini di opere e servizi resi alle collettività e ai territori e crescita di fiducia nel rapporto tra cittadinanza e istituzioni”

Poster a tecnica mista con bambino - WOA! Wide Open Art, progetto di rigenerazione urbana a Castroreale - a cura di Stefania Sottile e Simone Allegra

TI POTREBBERO INTERESSARE