di Violetta Cantori – 30 maggio 2025

Umanizzare i luoghi della cura attraverso l’arte

 Il racconto di come la pratica e la cultura di questo progetto sta innovando a Bologna i servizi sanitari territoriali.

Rita indossa cuffia, camice e si stende sulla barella. Con lo sguardo incapace di celare la tensione accenna un sorriso alla portantina, che ricambia gentile. Presto sarà in sala operatoria, un luogo e un tempo sospesi, dove vivrà una realtà di cui non avrà percezione e sulla quale non avrà controllo. Percorrere il corridoio che conduce al blocco operatorio osservando pareti dipinte con colori tenui e disegni ispirati al mondo della natura può aiutarla ad abbassare i livelli di stress. Questo è l’obiettivo di UmanizzArte, il progetto di ricerca-azione realizzato tra il 2023 e il 2025 nel capoluogo emiliano per “umanizzare” gli spazi socio-sanitari pubblici attraverso l’arte.

Promosso dal Centro Antartide di Università Verde APS in collaborazione con l’AUSL di Bologna, il Comune di Bologna, l’Università di Bologna, una nutrita rete di Enti del Terzo settore e con il sostegno della Fondazione Carisbo, UmanizzArte ha voluto innovare i servizi sanitari territoriali in un’ottica di umanizzazione, contrasto alle fragilità e miglioramento della qualità percepita, utilizzando linguaggi artistici e strumenti culturali. Umanizzare significa riconoscere la centralità della persona nel suo complesso, accogliere i suoi bisogni fisici, sociali e psicologici, dare senso e valore alle strutture socio-sanitarie e al tempo trascorso al loro interno non come realtà sospese, ma come spazi di vita.

Il progetto è nato in un territorio denso di esperienze e sensibilità su questi temi – spiega Sara Branchini di Centro Antartide –. Perciò è stato naturale cercare di mettere insieme e collaborare fin da subito con i soggetti già impegnati nel welfare culturale e nell’uso dell’arte in contesti sociali e sanitari. Ne è nata così la Rete cittadina per l’umanizzazione, composta da oltre 20 realtà del terzo settore locale, artisti, operatori culturali e cittadini attivi. Questa rete ha svolto un ruolo cruciale nella raccolta di buone pratiche e nella co-progettazione delle azioni in stretta sinergia con il Board PEU – Partecipazione Equità e Umanizzazione dell’AUSL di Bologna, il gruppo di lavoro multidisciplinare partner del progetto”.

In prima battuta sono state condotte una mappatura e un’analisi delle esperienze di qualità diffuse su tutto il territorio nazionale – racconta Branchini -. Durante questo lavoro ci siamo resi conto che la quasi totalità di queste buone pratiche sono frutto della sensibilità di singoli gruppi o persone e non sono sistematizzate. Per generare davvero innovazione sociale abbiamo dunque condiviso l’esigenza di uscire dalla spontaneità e costruire un metodo di lavoro che ci consentisse di tracciare le linee guida di un modello replicabile in altri contesti”.

Successivamente la ricerca-azione si è concentrata su tre sperimentazioni pilota in contesti sanitari del territorio differenziati, caratterizzati dall’assenza di interventi di welfare culturale e dalla presenza di coordinatori e operatori disponibili alla collaborazione. Sono stati scelti la pediatria della Casa della Comunità Borgo-Reno (Bologna), la terapia semintensiva dell’Ospedale Maggiore (Bologna) e la chirurgia dell’Ospedale di San Giovanni in Persiceto (BO). In ciascuna struttura è stata portata avanti un’analisi partecipata dei bisogni, coinvolgendo operatori, utenti, accompagnatori, volontari in un dialogo aperto e costruttivo finalizzato a studiare i linguaggi e gli interventi artistici più adatti a portare un impatto positivo sulla quotidianità di chi quegli spazi li abita. In ogni luogo è stata privilegiata l’arte visiva per avere istallazioni durevoli, piacevoli, massimamente accessibili e che non interferissero con le pratiche sanitarie.

Nella Casa della Comunità Borgo-Reno, situata nella periferia di Bologna, il poliambulatorio di pediatria ha cambiato volto grazie al talento degli studenti del Liceo Artistico Arcangeli, guidati dal curatore Harry Baldissera. Le pareti si sono animate con colori vivaci, personaggi fantastici e paesaggi immaginari con cui è possibile giocare, trasformando l’ambiente in un luogo più rassicurante e stimolante per i piccoli pazienti e al contempo suddividendo meglio gli spazi. L’intervento ha avuto anche un valore educativo, perché ha coinvolto i ragazzi in un’esperienza concreta di arte pubblica e responsabilità sociale.

Nel reparto di terapia semintensiva dell’Ospedale Maggiore l’arte ha portato i suoi benefici in un contesto delicato e molto complesso sul piano organizzativo ed emotivo. I paraventi tra i letti, solitamente neutri e impersonali, sono stati trasformati in vere e proprie “finestre d’arte”: pannelli decorati con immagini evocative, paesaggi naturali e composizioni astratte realizzate dai fotografi dell’Associazione Terzo Tropico APS. L’obiettivo è stato di migliorare in primis l’esperienza dei pazienti, offrendo loro uno stimolo visivo positivo e un senso di apertura, anche in un momento di fragilità, ma anche dei familiari e degli operatori sanitari. L’esperienza è stata così apprezzata che successivamente, grazie a un lascito solidale, è stata replicata nella terapia intensiva dello stesso ospedale.

All’Ospedale di San Giovanni in Persiceto, l’intervento ha interessato l’area chirurgica, dove nei prossimi mesi i soffitti saranno arricchiti con installazioni artistiche pensate per accompagnare i pazienti nei momenti che precedono l’ingresso in sala operatoria. Guardare in alto e trovare un’opera d’arte può aiutare a ridurre l’ansia, offrendo un momento di distrazione e serenità.

Insieme a tutte le persone che hanno partecipato al progetto abbiamo cercato di realizzare delle istallazioni che offrissero un continuum tra la realtà fuori e dentro la struttura sanitaria, che è un bene della comunità e per la comunità. E nulla di quello che abbiamo realizzato si sarebbe fatto senza il Terzo settore, perché porta competenze artistiche, sociali e relazionali, porta una sensibilità particolare e in molti casi dà garanzia della continuità delle azioni che funzionano bene – afferma Branchini –. Il Terzo settore crea ponti, connessioni, dialoga con enti e persone, mette il carburante. Nelle linee guida di UmanizzArte abbiamo specificato la necessità di una rete permanente composta da un gruppo misto di soggetti della comunità di riferimento, che guardi non solo alla piccola esperienza ma alla cornice e al contesto nella sua interezza”.

Il progetto, ormai concluso, viene raccontato in occasione di eventi diffusi su tutto il territorio nazionale ed è stato oggetto di interesse anche da parte dei gruppo multiprofessionali latino-americani che fanno parte della Associação Rede Unida e che hanno partecipato all’ultima edizione del Laboratorio italo-brasiliano di formazione, ricerca e pratica in salute collettiva della Regione Emilia-Romagna. In questo momento la partnership di UmanizzArte sta lavorando per presentare un nuovo progetto per realizzare interventi di umanizzazione nelle strutture territoriali della neuropsichiatria infantile. La storia continua.

Qua sotto una galleria di foto del progetto, con i render di Andrea Corvino, l’artista che ha proposto l’opera scelta a partire da un concorso di idee la cui direzione artistica è stata curata da Harry Baldissera. 

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