“Uno dei punti da affrontare sono gli Ospedali di Comunità e le Case di Comunità. C’è stato un investimento di diversi miliardi di euro da parte del Pnrr. Eppure il terzo settore non è stato coinvolto. Il terzo settore dal punto di vista dell’assistenza territoriale è fondamentale non è stato coinvolto. Mancano i medici, mancano gli infermieri e queste Case probabilmente rimarranno vuote. Cattedrali nel deserto della sanità. C’è ancora tanta miopia e ancora tanto lavoro da fare. La sfida che incombe sul terzo settore è dal punto di vista culturale fortissima”.
Sono le parole che il vicepresidente della Corte Costituzionale Luca Antonini ha rivolto alla platea che partecipava il 28 maggio all’iniziativa “Il terzo settore oltre il fare” del Forum Nazionale del Terzo Settore. Parole nette e chiare che danno uno sguardo profondo e qualificato, ma ancora non positivo, del ruolo del terzo settore e del volontariato nelle nascenti Case della Comunità.
Anche se nell’ambito sanitario e sociosanitario il contributo del volontariato ha antiche radici. Negli ospedali, e non solo lì, i volontari si sono sempre confrontati con persone che vivono situazioni di sofferenza e di difficoltà, mettendo in campo non solo saperi, ma soprattutto saper essere, stare accanto, ascoltare. La sanità si trasforma anno dopo anno e da pochi anni si è aperta la partita delle Case della Comunità con un investimento che finanzia la realizzazione di luoghi fisici di prossimità nell’ambito della missione 6 del Pnrr. Luoghi in cui il terzo settore e il volontariato non sono ancora molto valorizzati pur essendone nell’ideazione e progettazione parte imprescindibile e integrante.
“Il volontariato diventa sempre più competente e dentro i percorsi di cura fa valere le competenze acquisite”. Così esordisce Paola Capoleva, vicepresidente del CSV Lazio e dirigente dell’Asl Roma 6. Uno sguardo il suo che mette insieme tutte le dimensioni di cambiamento richieste alla sanità e alla sua strutturazione. “È la prossimità – spiega Capoleva – che caratterizza l’intervento dei volontari in ogni ambito, che la loro funzione sia meramente informativa, nei punti unici di accesso, o in qualsiasi sportello nelle future Case della Comunità dove poter orientare e indirizzare diventa elemento fondamentale nel labirinto deli servizi sanitari e sociali. Ma – aggiunge – anche in tanti altri ambiti dove la prossimità dei centri diurni o in qualsiasi struttura socioassistenziale e sociosanitaria è un laboratorio di arte di creatività che può rafforzare le relazioni e superare quella che sta diventando una seconda pandemia per la nostra società ovvero la solitudine”.
Situazioni che possono trovare nella vicinanza dei volontari, nei progetti che il volontariato fa e nelle azioni che le associazioni mettono in campo quell’ossigeno fondamentale per ogni percorso di benessere. Il valore del volontariato è sempre più riconosciuto come assolutamente necessario in qualsiasi percorso di cura. Molti territori stanno sperimentando la presenza del volontariato e del terzo settore nelle nuove Case della Comunità. Il Dipartimento di Politiche per la Salute dell’Istituto Mario Negri ha analizzato i modelli organizzativi delle Case della Comunità in Lombardia. Ne sono state identificate come già funzionanti sul territorio 132. I dati sono stati raccolti utilizzando la documentazione fornita dalle 23 Aziende Socio Sanitare Territoriali. Dall’indagine è emersa la fotografia di 105 Case, evidenziando un quadro eterogeneo in termini di organizzazione, qualità dei servizi e risorse umane.

“Alcune strutture – si legge nella nota di sintesi della ricerca – mostrano una discreta capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini, mentre altre si trovano ancora in una fase iniziale. Tra le sfide in essere, già rilevate nella prima fase conclusa nel settembre 2023, si evidenziano la difficoltà di coinvolgere i medici di medicina generale – situazione comune anche in altre regioni, la necessità di superare il vecchio modello dei poliambulatori, il nodo dell’integrazione tra i diversi servizi e operatori e una modesta partecipazione dei Comuni”.
La situazione sta mutando e il volontariato è sempre più chiamato a giocare la sua parte. Organizzazioni a livello nazionale, fra cui CSVnet, si sono riunite nell’Alleanza per le Case della Comunità che sta lavorando per far rispettare lo spirito sancito dalle normative e dai principi universalmente riconosciuti. Franco Riboldi è coordinatore dell’associazione Prima la Comunità che fa parte dell’Alleanza. ”L’espressione Casa della Comunità – commenta – ci ha piacevolmente sorpresi perché dava il senso del cambiamento di paradigma cioè riformare il sistema partendo dalla comunità e dai suoi bisogni prima che dai servizi come è sempre accaduto. Stiamo parlando di un tema centrale: una riforma dei servizi di prossimità che significa vicinanza ai cittadini in particolare ai più fragili. La normativa che è seguita ha avuto molta attenzione per la riorganizzazione dei servizi, ma poca per il ruolo della comunità in un progetto di salute che dovrebbe nascere dal basso e dai bisogni dei cittadini”. Secondo Riboldi non c’è sufficiente attenzione al ruolo della comunità, a partire dalle sue espressioni più rappresentative che sono quelle del volontariato del terzo settore. “L’alleanza che abbiamo costruito – spiega ancora – sta cercando di portare avanti dal basso questa concezione, sperando di incontrare qualche Regione, qualche azienda sanitaria e qualche comune che abbia voglia di sperimentare una fase più avanzata rispetto a quella che è stata normata fino ad adesso. La Casa della Comunità deve essere il luogo della partecipazione, ma perché ciò avvenga è indispensabile mettere in campo strumenti per sperimentare una partecipazione effettiva, agita sia nella definizione del un profilo di comunità e del progetto di salute che parta dai bisogni dei cittadini di quella comunità specifica, sia nel dotare la comunità stessa di una voce di rappresentanza nelle decisioni che riguardano la propria salute”. Il ruolo dell’Alleanza è fondamentale per portare avanti idee innovative. In Sardegna l’Alleanza ha già aperto un tavolo di discussine con la Regione, in Lombardia, anche attraverso un forte impegno di CSVnet Lombardia si stanno facendo esperienze interessanti. In questa direzione si sta andando anche in Lazio, Toscana e in Emilia – Romagna.
“A me sembra che nell’ultimo anno ci sia stato uno scatto in tutta Italia – commenta Arnaldo Conforti, direttore del Csv Emilia –. Noto che il grande cambiamento di attenzione è dell’ultimo anno e rispetto agli enti del terzo settore sono due fattori che hanno destato attenzione. Il primo è che una volta quello che era un fenomeno culturale è stato scritto nero su bianco. Cioè che la salute non è determinata solo dalla sanità ma anche da altri insiemi di fattori di benessere complessivo che riguardano la persona. Questo ha fatto sentire gli enti del terzo settore molto ingaggiati”. Il Csv da lui diretto è molto attivo nei progetti delle Case della Comunità. “Abbiamo – aggiunge – velocità molto variabili: esperienze interessanti un po’ a macchia di leopardo. Ma nelle fasi iniziali è naturale perché quello che è in atto è un cambiamento di pensiero. Ci vorrà del tempo ma anche qua possiamo vedere il cammino è partito. Soprattutto direi che questo cambiamento valorizza molto e riconosce l’operato degli enti del terzo settore”. Il territorio dell’Emilia – Romagna presenta molti aspetti positivi secondo i protagonisti e gli osservatori nel sistema sanitario. “Nell’integrazione sociosanitaria nella nostra regione è partito un percorso nel 2023 che vede i Csv parte integrante in un rapporto strutturato con la Regione – aggiunge ancora Conforti –. Questo sta portando ad un articolato e approfondito percorso di formazione che vede tutti i distretti sociosanitari chiamati a partecipare e gli enti del terzo settore protagonisti, con la specifica funzione dei Csv di essere la cerniera di questi mondi. Ogni territorio ha individuato le priorità del distretto: per molti è il contrasto alle solitudini, per altri il disagio giovanile. Sono le principali e rispetto a queste tematiche si stanno avviando coprogettazioni per fare in modo che le Case della Comunità diventino luoghi ideali e esistenti”.