“Cassandra era condannata a conoscere il futuro, ma anche a non essere creduta. Di conseguenza all’angoscia della preveggenza si aggiungeva l’impotenza di fronte agli eventi”, così nel film “L’esercito delle 12 scimmie” si riassume il tormento di chi ha il dono di vedere la traiettoria degli eventi, ma non trova il volante per cambiare rotta di collisione. E noi che Cassandre un po’ ci sentiamo, sfogliando questo nuovo numero di VDossier, numero veramente caleidoscopico per argomenti trattati e protagonisti incontrati, notiamo un filo rosso parimenti ignorato che da anni popola le agende del Terzo settore italiano.
Un tema, appunto, spesso assente dalle agende politiche, economiche, industriali e finanziarie. Parlo della povertà ambientale, cioè di quel tragico punto di incontro tra le catastrofi naturali e la disgregazione sociale dei territori colpiti. Entrato in punta di piedi e marginalmente nel dibattito pubblico con la figura dei “migranti climatici”, anche noi italiani abbiamo iniziato a sentire nostro questo tema vedendo centinaia di squadre di instancabili volontari che a ogni cambio stagione rimettono in piedi città e paesi colpiti dall’ennesimo cataclisma.
Tema che però spesso trova spazio mediatico solo se declinato “lato clima”, come se un territorio, una volta messo al sicuro a livello idrogeologico fosse per magia un territorio a misura di essere umano. In questo nuovo numero di VDossier, noi Cassandre vi raccontiamo che non è così. Non è così quando si parla di aree interne, protagoniste di un impietoso report Istat che le vede soggette a una incontrovertibile fragilità demografica, all’assenza di servizi essenziali, auna povertà che conferma il profilo del lavoratore povero, cioè con un reddito assolutamente insufficiente per far fronte agli aumenti. Luoghi dove qualsivoglia sconquasso climatico rischia di spazzare via anche quel poco che l’associazionismo e il non profit cerca di preservare e, addirittura in certi casi rilanciare.
E per chi si sente lontano da questa “lotta per resistere ed esistere”, vi basti pensare che parliamo del 50% in media dei comuni della nostra penisola. Non è così quando gli “angeli del fango” salvano persone e cose, raccogliendole letteralmente dal selciato delle nostre bellissime città d’arte, ma poi quando le piene sono passate o la terra ha smesso di tremare, questi instancabili giovani lì non riescono a trovare manco un posto letto a prezzi umani, perché a colpi di “gentrificazione” i centri storici si sono trasformati in aree dove trovano futuro solo B&B. Anche qui il non profit, spesso dopo essersi ripulito dal fango di cui sopra, cerca di fare argine a una deriva abitativa sempre più esclusiva e quindi escludente.
E se si allarga lo sguardo oltre i nostri confini, noi Cassandre osserviamo un futuro sì complesso e foriero di sfide, e questo è bene, ma anche carico di potenziali pericoli, e questo è male. In primis citiamo le elezioni negli Stati Uniti con lo scontro tra visioni del mondo mai così antitetiche quando si parla del macro tema climauomoterritorio. Una battaglia che andrà a incidere oltretutto sulle guerre e le tensioni internazionali che da anni dividono anche le nostre comunità, creando in seno a noi fratture, belligeranze ideologiche oltre, ovviamente, causare nuove migrazioni forzate, nuove povertà, nuove locali tensioni sociali, che poi tocca a noi del Terzo settore dover fronteggiare, spesso in solitudine, appunto, inascoltati, come Cassandre.
E poi lo scorso novembre a Baku, in Azerbaigian, si è svolta l’edizione numero 29 della conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici, dove la sfida centrale ha fatto trasparire tutta la fatica di chi ci governa. Infatti nelle premesse l’obbiettivo è quello di non superare la soglia dei +1,5°C della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali. Peccato che noi siamo già a +1,2°C e che l’auspicio comune, che ha portato tutti “i pezzi grossi” intorno al tavolo, è stato non tanto quello di rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, bensì quello di non allontanarsene tanto. Un po’ pochino, un po’ in ritardo.
Ma allora, alla fine dei conti, che fare? Beh, direi, in primis, nel mentre sfogliate questo nuovo numero di VDossier, di immaginare un altro modo di essere “noi” inseriti nei nostri territori e nelle nostre sfide climatiche e sociali. Ci servirà una vita per farlo, ma ne sarà valsa la pena. E poi non smettere mai di essere Cassandre, perché alla fin dei conti aveva ragione il regista Terry Gilliam quando nella sua pellicola del 1995 di cui sopra faceva recitare: “In questo contesto non le sembra che gli allarmisti abbiano una saggia visione della vita e il motto dell’homo sapiens ‘andiamo a fare shopping’, sia il grido del vero malato mentale?”