di Marco Bani – 17 giugno 2024

Il servizio civile tra luci e ombre

 Diminuiscono le risorse ma la domanda è ampia. Aumento dell’assegno e riserva nei posti pubblici decretano il successo del Scu

Il servizio civile in Italia ha da poco superato il mezzo secolo. Nasce, infatti, nel 1972, sotto la spinta delle azioni di protesta delle organizzazioni non violente e del crescente interesse dei cittadini verso l’obiezione di coscienza, in sostituzione del servizio militare e quindi obbligatorio.

Ci vogliono ben 29 anni prima che nel 2001 venga istituito il servizio civile nazionale (Scn), un servizio volontario destinato ai giovani dai 18 ai 26 anni (poi innalzati nel 2002 a 28 anni), aperto anche alle donne, che intendono effettuare un percorso di formazione sociale, civica, culturale e professionale attraverso l’esperienza umana di solidarietà sociale, attività di cooperazione nazionale e internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale.

La vera rivoluzione avviene nel gennaio 2005 quando viene sospeso il servizio militare di leva obbligatorio, così il servizio civile cessa di esserne il sostituto. Inizia dunque la nuova era del servizio civile nazionale. Da qui in poi si susseguono diverse innovazioni: nascono i Corpi civili di pace, una novità quasi assoluta nel panorama europeo e mondiale, un contingente impegnato in azioni non governative.

Si tratta di giovani volontari che partiranno per svolgere azioni di pace non governative nelle aree di conflitto e a rischio di conflitto o nelle aree di emergenza ambientale. Vi è anche l’apertura ai ragazzi stranieri, abrogando, quindi, il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile.

Arrivano, poi, i primi bandi per volontari da impiegare in progetti di servizio civile digitale e servizio civile ambientale. Tali aggiornamenti hanno portato, nel bando del 2023/24, al record dei posti messi a disposizione per la selezione di 71.550 giovani, il numero più alto di sempre. A ciò si aggiunge un aumento dell’assegno mensile per i volontari, che passa da 444,30 a 507,30 euro, e l’istituzione di una riserva obbligatoria del 15 per cento dei posti disponibili nei concorsi pubblici e nelle assunzioni di personale non dirigenziale a favore degli operatori volontari che hanno completato il servizio civile universale senza demerito.

Quest’ultima è una innovazione molto importante, perché da un lato premia l’impegno dei ragazzi in un mondo, quello del volontariato, che ha sempre più bisogno di risorse fresche, e dall’altro li aiuta per un eventuale lavoro futuro. Una innovazione che può essere un importante incentivo per la scelta del Servizio civile universale (Scu). Dall’anno della sua istituzione sono stati resi disponibili, complessivamente, 762.536 posti per i volontari e le ragazze e i ragazzi avviati al servizio sono stati 624.360. Analizzando i dati si nota una crescita esponenziale: si è passati infatti dai 181 volontari del 2001 ai 50.972 del 2022.

“A livello regionale”, spiega Ivan Nissoli, coordinatore del settore giovani e servizio civile nella Fondazione Caritas Ambrosiana ruolo, in virtù del quale, è anche componente del Coordinamento nazionale del servizio civile di Caritas Italiana, e consulente per la formazione e la progettazione del servizio civile per Csvnet Lombardia e per la provincia di Lecco, “possiamo notare che si conferma la preminenza delle regioni del meridione, isole comprese, quanto a numero di volontari avviati, con un valore pari al 53,88 per cento, segue il Centro con il 23,91 per cento e le regioni del Nord con il 22,22 per cento. La classifica a livello regionale vede ai primi due posti per numero di volontari la Campania (con il 21,54 per cento del totale) e la Sicilia (16,63 per cento). Queste due regioni, insieme al Lazio (10,48 per cento), superano singolarmente la quota di un decimo del totale. Per quanto riguarda le regioni del Nord, invece, è la Lombardia che si colloca al primo posto con il 6,91 per cento degli avviati allo Scu”.

Ma ci sono anche delle situazioni critiche: “Una carenza di disponibilità che deriva delle risorse economiche”, riprende Nissoli, che è stato anche presidente di Csv Milano e componente del consiglio direttivo di Csvnet dove è stato delegato alla promozione del volontariato. “Infatti, nel triennio 2021/2023 lo Scu era finanziato sia dai fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) con circa 200 milioni di euro per anno che dalla legge di bilancio, con circa 120/140 milioni di euro per anno. Attualmente, invece, per il bando 2024, sono rimaste le sole risorse della legge di bilancio, mentre non ci sono più i fondi del Pnrr. Un piccolo spiraglio di luce sembra venire dai ministri interessati che hanno promesso di impiegare fondi non utilizzati in altri capitoli per dirottarli sul servizio civile”.

Molto interessante una particolarità che si riscontra dai dati: l’elevata scolarizzazione. La quasi totalità dei volontari, infatti, ha un livello di istruzione secondaria universitaria. In dettaglio, il 67,77 per cento è in possesso di un diploma di scuola media superiore, il 20,99 per cento ha conseguito una laurea triennale (14,12 per cento) o una specialistica o magistrale (6,87 per cento). Si ferma, infine, al 10,33 per cento la percentuale di volontari in possesso di un diploma di scuola secondaria di primo grado. Solo lo 0,26 per cento possiede un diploma di scuola primaria, un titolo conseguito all’estero e non riconosciuto in Italia o dichiara di non possedere alcun titolo (0,37 per cento). A fronte di questi interessanti numeri, che evidenziano un buon livello culturale tra i giovani volontari, Nissoli evidenzia un’altra criticità, ancora relativa a problemi economici: “Alla mancanza di risorse si aggiunge anche l’aumento del contributo che viene erogato ai volontari, che passa da 444,30 a 507,30 euro mensili.

La concomitanza di scarse risorse e l’aumento del contributo hanno fatto sì che i posti disponibili sono passati dai 52 mila circa agli attuali 20 mila nel 2024, a fronte di una richiesta di posti di circa 80 mila domande”. Tale dinamica porta uno scompenso anche agli enti interessati che ogni anno devono presentare i progetti, anche se uguali al periodo precedente, con un comprensibile dispendio di tempo, energie e risorse. Un lavoro che non sempre arriva a buon fine, quindi, e non ottiene la possibilità di essere finanziato. Per ovviare a questo problema sarebbero necessarie politiche che favoriscano la realizzazione dei progetti.

Quali azioni potrebbero essere utili a semplificare e migliorare l’iter procedurale? “Una necessità importante è quella di favorire la comunicazione del servizio civile”, aggiunge ancora Nissoli, “non solo nel periodo immediatamente antecedente all’uscita del bando, ma in tutto l’anno per favorire una maggiore conoscenza del servizio civile da parte dei giovani. Parallelamente sarebbe utile presentare in anticipo i progetti agli aspiranti, così da poter dare la possibilità di scegliere il percorso più consono alle proprie aspettative, senza la fretta della scadenza del bando”.

Molto spesso la scelta e le motivazioni sono di natura logistica: l’associazione con la sede più vicina alla propria residenza, ma anche di natura economica -un piccolo contributo serve sempre-, mentre, conoscendo in anticipo i progetti, la scelta può diventare più ponderata, mirata a un’idea di futuro che possa essere utile nel cammino professionale del giovane. Un’altra azione utile per migliorare lo Scu potrebbe essere la possibilità di rivedere la temp istica di impiego delle volontarie e dei volontari.

La flessibilità della vita dei giovani è molto rapida, dal momento della domanda e dei colloqui all’inizio effettivo del servizio la loro vita personale può cambiare e quindi possono non esserci più le condizioni iniziali, può aumentare il carico di studio, qualcuno, nel frattempo, può aver trovato una occupazione. Tutte queste variabili provocano rinunce anche una volta iniziato il servizio, rinunce che creano un disagio agli enti, che improvvisamente si trovano con una riduzione di personale per la realizzazione dei progetti, e con difficoltà impreviste da affrontare.

Un’ultima considerazione è di prospettiva: “Bisognerebbe rendere sempre più consapevoli gli aspiranti”, conclude Nissoli, “il servizio civile non deve essere considerato come un’attività da svolgere solo nel frattempo non si trova qualcosa di meglio, senza entusiasmo e con poco coinvolgimento emotivo, ma deve essere una opportunità per il proprio futuro, un’esperienza utile per il proprio progetto lavorativo, che può anche continuare nello stesso ente dove si è prestato il servizio”.

Può essere interessante, infine, riportare alcuni dati di una ricerca fatta sui volontari dello Scu in Piemonte. Gli autori di questa analisi sono i responsabili che, all’interno del Csv di Torino (Vol.To Ets) ente titolare di Scu sia per la Regione che per il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile, si occupano dei bandi, della ricezione delle domande e dei colloqui con i volontari. Da questo lavoro di analisi, riferito all’anno 2021/2024, è emerso che le domande pervenute sono state 238 a fronte di 129 posti disponibili per 110 volontari impiegati, pari all’85 per cento. La maggioranza dei volontari sono donne ed è aumentato il numero di quelli compresi nella fascia di età tra i 22 e i 25 anni.

Anche in Piemonte, come in tutta Italia, la maggior parte dei giovani ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado, seguiti da chi è in possesso di una laurea triennale, mentre si riduce di circa il 60 per cento il numero di chi ha una laurea specialistica o magistrale, segnale che fa sperare in una maggiore possibilità di lavoro per i ragazzi con titoli di studio più elevati. Riferendosi, poi, a una delle criticità riguardanti la comunicazione relativa allo Scu è interessante vedere come, in un mondo dominato dai social, i ragazzi sono venuti a conoscenza dei bandi per la maggior parte (il 45 per cento del totale)da amici, parenti e all’università e solo il 31 per cento dai social.

Un altro dato significativo, che lascia presagire un maggiore coinvolgimento con le associazioni nelle quali prestano servizio, è la grande maggioranza (81,8 per cento) di percorsi completati, a fronte del solo 18,2 per cento di interruzioni e rinunce. Le interruzioni si riferiscono principalmente all’aver trovato lavoro o a motivi di studio, che si concentrano tra il sesto e il nono mese di servizio.

I giovani, nel periodo esaminato, 2021/2024, inoltre, scelgono di svolgere il servizio civile in maggioranza nell’ambito della Educazione e della Promozione, in particolare in progetti rivolti a minori e giovani, seguito a ruota dall’Assistenza, dove l’area più gettonata è quella della disabilità. Nel 2023/2024 si nota un notevole aumento dei volontari che scelgono l’ambito Ambiente che passa dal 7 al 19 per cento delle scelte.

Quasi totale la risposta sì (98 per cento) delle ragazze e dei ragazzi contattati alle domande inerenti alla loro utilità nell’ente in cui svolgono il servizio, al consigliare lo Scu ai propri amici, al valutare come una crescita delle proprie competenze il periodo di impegno nel servizio civile.

Volontari del Servizio Civile Ⓒ CSEV - Coordinamento Spontaneo enti di servizio civile del Veneto

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