di Matteo Gagliardi – 31 maggio 2023

Focus on Volontariati nel mondo / Giappone

 Tradizione e spinte innovative, il volontariato nel paese del Sol Levante esiste da molto e resiste saldo, in salute nonostante i "sobbalzi" di una società in repentino cambiamento

Il volontariato in Giappone ha radici profonde nella storia e nella tradizione del Paese, radici che risalgono alla pratica del mutuo soccorso, attraverso la quale i membri di ogni villaggio lavoravano insieme per svolgere i lavori agricoli. Ancora oggi, ogni regione ha un’organizzazione di quartiere autonoma, composta principalmente da residenti locali che svolgono attività come la pulizia del quartiere e l’organizzazione di festival noti come matsuri. Queste attività, che per la loro componente gratuita possono essere considerate come volontariato, vengono vissute dai membri della comunità come una responsabilità personale nei confronti della collettività.

Non stupisce, quindi, che il termine volontariato in giapponese sia talvolta tradotto come servizio, anche se questo concetto porta un significato leggermente diverso e certamente più rigoroso. Nella mentalità giapponese, infatti, il servizio viene inteso come una responsabilità verso il proprio Paese e, sebbene non vi sia obbligo di alcun genere, non si tratta di una scelta libera, ma condizionata da norme e costumi sociali ben radicati. Sarebbe quindi inappropriato utilizzare il termine servizio come sinonimo di volontariato per descrivere la partecipazione spontanea e gratuita degli individui ad attività associative di tipo sociale, ricreativo, culturale.

Questo tipo di volontariato, più simile a quello che si conosce in Italia, prende piede in Giappone a partire dagli anni ‘70, come risultato del boom economico sperimentato dal Paese nei vent’anni precedenti (il cosiddetto miracolo economico giapponese) e dell’ondata di benessere generalizzato che ha comportato in termini di tenore di vita delle famiglie nipponiche. La forte modernizzazione degli stili di vita – per fare un esempio, i possessori di elettrodomestici quali frigorifero e lavatrice passarono rispettivamente dal 2 per cento all’89 per cento e dal 20 per cento al 96 per cento in poco più di dieci anni – causò un aumento del tempo libero a disposizione dei cittadini giapponesi che iniziarono a partecipare a un maggior numero di attività sociali e associative di tipo volontario, spinti dal desiderio non solo di aiutare gli altri, ma anche di migliorare sé stessi.

Di fronte a quest’evoluzione nelle abitudini quotidiane della popolazione, il governo decise di sostenere le attività di volontariato offrendo supporto economico attraverso il Consiglio comunale di assistenza sociale. Negli anni ‘80, è stato inoltre fondato il Japan International Volunteer Center, aumentando l’interesse della popolazione per il volontariato internazionale e il Giappone ha preso parte per la prima volta al progetto Volontari delle Nazioni Unite.

Negli anni ‘90, la pratica del volontariato inizia a coinvolgere anche il mondo del privato for profit.  Le aziende mostrano un crescente interesse per il contributo sociale e nascono diversi progetti quali “Ferie per volontariato”, grazie a cui le aziende iniziarono a concedere ai dipendenti giorni di permesso per dedicarsi ad attività sociali, e “Club dell’1 per cento”, che prevedeva la destinazione di un centesimo del profitto aziendale a organizzazioni nazionali impegnate in attività di volontariato. Gli anni ‘90 vedono, inoltre, un coinvolgimento attivo della scuola nel favorire la pratica volontaria.

Dal 1998 infatti, il ministero dell’Istruzione giapponese incoraggia le scuole a incorporare nella loro programmazione delle attività di volontariato.

Oggi, alcuni licei e università assegnano un punteggio alle esperienze di volontariato nella valutazione delle domande d’ammissione.

La vera esplosione di queste attività si ha nel 1995, con la reazione solidale alla tragedia del terremoto di Hanshin-Awaji, che ha causato circa 50mila vittime. In quell’occasione, si stima che intorno ai 10 milioni di persone abbiano partecipato attivamente nei 13 mesi successivi con attività come la preparazione di pasti, la gestione e la consegna di materiali di soccorso, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, l’assistenza ai centri di evacuazione e la fornitura di informazioni alle vittime del disastro.

L’impegno senza sosta e il grandissimo contributo dei partecipanti è stato così evidente che il 1995 è considerato in Giappone l’Anno del Volontariato. Quella mobilitazione straordinaria è stata però solo la prima di tante. Il territorio, purtroppo, è stato infatti investito negli anni seguenti da numerosi disastri di tipo ambientale, come eruzioni vulcaniche, terremoti e danni da alluvionali causati da tifoni. In tutte le occasioni la presenza e il lavoro dei volontari, organizzati in e da diverse associazioni, si sono dimostrati una presenza insostituibile.

Emergenze a parte, anche le persone coinvolte in attività quotidiane sono aumentate considerevolmente negli anni. Secondo i dati del Consiglio nazionale di assistenza sociale, nel 2005 (dato ufficiale più recente) il numero di persone impegnate in attività di volontariato era di quasi 7,4 milioni, pari al 5,8 per cento della popolazione nazionale, mostrando un aumento di circa 4,6 volte in un quarto di secolo.

Verosimilmente, questo numero si è alzato ulteriormente e oggi il ruolo del volontariato nella società nipponica contemporanea è fondamentale e viene guardata in maniera generale con grande aspettativa.

Il Paese sta sperimentando una forte diminuzione della natalità, un ampio processo di invecchiamento della popolazione, un aumento dei problemi ambientali, una progressiva perdita di comunità locali e un aumento della presenza di stranieri a lungo termine. Processi di evoluzione tali da cambiarne nel profondo la struttura sociale, facendo emergere nuove e moltiplicate esigenze a cui l’amministrazione pubblica da sola non sembra riuscire a rispondere.

È al volontariato organizzato, quindi, che la popolazione guarda per intervenire lì dove lo Stato non arriva.

MATTEO GAGLIARDI È il direttore del centro culturale Italia-Giappone Sicomoro, una iniziativa che nasce nel 2006 a Takamatsu, una città giapponese di circa 420mila abitanti sull’isola di Shikoku, dalla spontanea iniziativa di una realtà italiana di Ascoli Piceno, lì trasferitasi nel 2002.  Il centro ha partecipato all’Expo di Milano e organizzato numerosi eventi culturali, musicali e artistici, mostre e conferenze. Nel 2020 nasce il Sicomoro in Italia con l’obiettivo di creare una casa dove gli italiani possano avvicinarsi al vero Giappone. Per saperne di più, visita il sito: Centro culturale Italia Giappone Sicomoro (ccik-sicomoro.com).

Un volontario della Japanese Red Cross Society (JRCS) © p-JPN0724

TI POTREBBERO INTERESSARE