Caro volontario, cara volontaria,
ti scrivo dal futuro.
Da quando avrai zaini pieni di stanchezza buona, mani segnate dal sole e pensieri che non credevi di poter pensare.
Ti scrivo da un tempo che oggi ti sembra lontano: quello in cui le giornate iniziano presto, magari con un caffè condiviso sotto un tendone o nel silenzio di una casa che si risveglia. Da un tempo in cui impari a conoscere gli altri attraverso gesti semplici: portare una cassa d’acqua insieme, sistemare una cucina, ascoltare una storia.
Ti scrivo per dirti che sì, all’inizio ti sembrerà di non essere abbastanza. Abbastanza forte. Abbastanza preparato. Abbastanza utile. Ma poi accadrà qualcosa — sempre accade — e scoprirai che sei esattamente dove devi essere. E che “essere” è molto più che “fare”.
Capirai che il tuo tempo è un dono, ma che il primo a riceverlo sei tu. Perché ogni sorriso ricevuto, ogni fatica condivisa, ogni silenzio rispettato… è un pezzetto di mondo che cambia — dentro di te.
Ti scrivo per dirti che non tornerai come sei partito. Qualcosa rimarrà: una frase detta per caso, la voce di un bambino, la luce su un volto anziano. Piccoli semi che cresceranno nel tempo, anche quando penserai che l’estate sia finita.
E no, non sarai solo. Ci sono mille strade che si incrociano ogni giorno nel volontariato. E ognuna porta con sé il battito di chi sceglie di esserci. Come te.
Porta scarpe comode, mente aperta e cuore disponibile. Il resto lo imparerai strada facendo.
A presto,
Te stesso, un po’ più stanco, un po’ più felice. Un po’ più te.