di Filippo Viganò - Csv Monza-Lecco-Sondrio – 30 maggio 2025

Un nuovo approccio alla tutela della salute

 La sfida è ancora aperta, ecco le priorità: cogliere questa opportunità per i cittadini e per la salute delle comunità.

Le Case della Comunità (CdC) perseguono obiettivi fondamentali di tutela della salute in un quadro di riferimento culturale che mira ad un cambio di paradigma nell’approccio al territorio e al cittadino.

 La CdC  oltre ad essere un luogo fisico è anche una struttura  a supporto della rete di relazioni tra attori e deve raccordarsi anche con i servizi erogati dagli Enti locali e dalle reti sociali e di volontariato, valorizzando le varie risorse territoriali impegnate nella cura e nel benessere dei cittadini.

Fondamentali, quindi, sono iniziative di integrazione con le risorse del territorio, a partire dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta , comprese le istituzioni e soggetti sociali come la scuola, gli enti locali, gli organismi culturali e di gestione del territorio, le imprese, le organizzazioni religiose, i Centri di servizio per il volontariato, per sostenere azioni condivise per la salute intesa come bene comune.

Per quanto riguarda le iniziative di informazione, proprio in funzione di una partecipazione competente del terzo settore, appaiono indispensabili le attività di informazione sulle iniziative e sulle risorse offerte dal terzo settore della comunità, quali strumenti di integrazione del percorso di prevenzione, tutela e cura.

La prossimità

 Un aspetto centrale assumono  le azioni di rinforzo della prevenzione e della promozione della salute, per ridurre le disuguaglianze sociali e territoriali.

Le Case della  Comunità  rappresentano l’occasione per adattare le azioni e le politiche per la salute alle specificità locali attraverso un coordinamento di tutti gli attori locali, per passare da un approccio generalista ad uno specifico che guarda alle caratteristiche della popolazione di un territorio ben identificato.

Le CdC rappresentano anche la possibilità di permettere al cittadino di percepire una dimensione di prossimità, di facilitazione nella cura di sé, di semplificazione nell’approccio ad un modo fatto di regole, procedure, organizzazioni complesse che spesso disorientano le persone originando malessere nei confronti del sistema.

E’ importante quindi che presso la Casa della Comunità, accanto ad altrefigure con competenze sociali generali, operi anche una figura “direzionale” che svolga una funzione di “raccordo e congiunzione” tra l’area sanitaria e quella sociale e del territorio, per promuovere in questo ruolo una serie di sinergie nuove con le reti d’offerta e con le reti di prossimità.

Presso la CdC può avvenire l’accoglienza e l’orientamento verso la rete sociale e l’attivazione stessa di alcuni servizi. Va congiuntamente valutata la possibilità che presso la CdC trovi sede e riferimento laprogettazione delle forme di sostegno alla domiciliarità delle persone non autosufficienti, promuovendo e facendo interagire tutte le forme di possibile offerta a sostegno del compitodi cura accanto alle prestazioni sanitarie: SAD, ADI, alloggi protetti, sportello badanti, percorsi di sostegno presso RSA, CDI, relazioni di vicinato, trasporti sociali, telefonia e compagnia sociale, pasti a domicilio, assistenza domestica ecc.

Questo tema può risultare centrale per fare della CdC un riferimento territoriale di facile accesso per la tutela della popolazione anziana. L’area sociale rappresenta, di fatto, un segmento trasversale per tutti i servizi della CdC, poiché riguarda la dimensione del vivere e della cittadinanza.

L’attivazione delle reti di comunità e la prevenzione sociosanitaria diffusa

 E’ importante allora che già nella fase di progettazione delle CdC venga mantenuto un livello partecipativo degli ETS  del territorio interessato, cogliendo il valore delle reti associative del Terzo settore nel coinvolgimento attivo delle comunità, soprattutto per quanto riguarda le azioni di accoglienza, accompagnamento, sostegno e prossimità e prevenzione, aspetti che possono fare la differenza nella percezione di quella tutela e sicurezza che i nostri territori chiedono da tempo.

Va ricordato che la solitudine, la scarsa alfabetizzazione informatica, la povertà creano nuove barriere e nuove disuguaglianze che allontanano sempre nuove persone dalla prevenzione edall’accesso alle cure.

Per contrastare le disuguaglianze di salute, occorre pensare a nuove ed efficaci forme di comunicazione che non lascino indietro nessuno e, soprattutto, a nuove modalità di accompagnamento ai servizi per le persone piu’ fragili o in difficoltà, non solo le loro percondizioni logistiche e di lontananza, ma anche per condizioni socio-economiche e culturali.

Community building

Nello sviluppo delle Case di Comunità diventa perciò fondamentale coordinare le esperienze e le proposte che le associazioni del territorio che si occupano di questi temi, raccordate anche dalla presenza dei CSV, stanno sviluppando, collocandole nella dinamica in atto.

Il grande patrimonio associativo che opera da decenni nel settore della sanità, del socio-sanitario e del sociale , costituisce una risorsa insostituibile che ogni giorno promuove la prevenzione (gruppidi mutuo-aiuto, sostegno scolastico, promozione dell’attività fisica, socializzazione, integrazione,inclusione, trasporto sociale e socio-sanitario, lotta alla ludopatia, banco farmaceutico, centri diascolto, sportelli psicologici, prestazioni sanitarie gratuite per i senza dimora, ecc) deve trovare un ruolo di attore privilegiato nella co-programmazione e co-gestione di progetti volti alla tutela e promozione della salute pubblica.

Occorre quindi un coordinamento tra gli attori istituzionali pubblici e privati, i professionisti della salute, il Terzo settore, mediante un tavolo permanente di lavoro, per promuovere programmi di prevenzione di comunità che, partendo dal Piano nazionale e regionale di prevenzione, evidenzi i bisogni di salute della comunità, ne sviluppi le azioni a beneficio di tutti i cittadini, secondo il setting di riferimento. In altre parole, e’ indispensabile procedere ad un vero e proprio progetto globale di community building.

L’obiettivo comune è quello della costruzione di una rete di cittadini che siano in grado diavvicinarsi a chi ha bisogno, di entrare in relazione con le persone e stabilire con loro un legame fiduciario; cittadini che costituiscano un ponte e un collegamento tra il complesso ed articolato mondo dei servizi sociali e del sistema sanitario e le persone, soprattutto, ripetiamo quelle più fragili: la mancata intercettazione di questi soggetti, la loro uscita dai radar della cura si traduce poi inevitabilmente in maggiori costi successivi per il SSR.

Si tratta di dar vita ad una sorta di sportello sociale diffuso sul territorio, che non aspetta il cittadino, ma lo cerca, lo incontra, lo accoglie e lo accompagna. Sarà proprio la relazione così instaurata che darà modo alle persone di comunicare la propria fragilità e i propri bisogni per essere così orientate ed accompagnate ai servizi.

Nuovi ruoli e nuove figure di volontariato competente

In questo senso, ha rilevanza la promozione di percorsi formativi  promossi dai CSV, capaci di coinvolgere  associazioni e cittadini disponibili a svolgere funzioni di riferimento e tutela ai diversi livelli successivamente descritti.

Questi cittadini con compiti di accompagnamento, informazione e promozione della salute, saranno dovutamente formati e avranno il ruolo di “sensori e promotori”: insieme alle istituzioni, alla rete associativa terranno il polso dello stato di salute della comunità e contribuiranno al suo sviluppo in termini di benessere e di solidarietà.

Alla luce delle esperienze in corso, italiane ed europee, si possono ricordare  figure con competenze coordinate ed interconnesse ma peculiari, come i Tutor socio-sanitari (Tutor della salute), co-adiutori dell’integrazione socio-sanitaria in quanto sanno ascoltare e leggere bisogni sociosanitari; attivare soggetti e risorse, innescare occasioni di incontro e di collaborazione; costruire i link con i servizi/procedure strutturati; interagire e comunicare con persone di diverse fasce d’età e background; analizzare i problemi specifici della posizione che sono comuni in alcune località.

I tutor, oltre ad agire sul territorio privilegiando la domiciliarità, potranno operare  anche all’interno delle Case della Comunità dando accoglienza, informazioni, supporto e servizio di prossimità che rende più accessibile la rete dei servizi pubblici ai cittadini che vivono in zone particolarmente disagiate. Ai tutor della salute della Casa della Comunità ci si potrebbe rivolgere o accedere in modo rapido a tutti i servizi alla persona del Comune, avere informazioni su tutti i servizi alla persona in tutte le sue fasi della vita, avere consigli sulle strutture socio-sanitarie del tuo territorio, trovare una associazione che ti possa accompagnare a fare una visita specialistica o che ti accolga per evitare l’isolamento e il disagio.

In conclusione, occorre cogliere questa opportunità per i cittadini e per la salute delle comunità: la casa della comunità va intesa come dispositivo e presidio nel quale e per la quale si costruisce in modo partecipato ed integrato un nuovo concetto di salute. Il servizio sanitario solidale costituito da più di 360.000 associazioni e da piu’ di 5 milioni di volontari  per via del DM77/2022 è chiamato a partecipare in modo sussidiario ed integrativo con il servizio sanitario nazionale e con i Comuni. E’ un passo ed un riconoscimento importante che valorizza una storia secolare del  volontariato a favore della salute dei i piu’ fragili. Dobbiamo prepararci e  portare attivamente il nostro forte contributo.

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