di Elisabetta Bianchetti – 14 ottobre 2025

Le molte strade del volontariato

 Dietro ogni gesto di aiuto c’è un intreccio di motivazioni, emozioni e bisogni. Il volontariato come cambia.

Marco, 34 anni, ha perso il lavoro durante la pandemia. Tra smart working saltati e giorni vuoti, ha deciso di iscriversi a un’associazione locale per aiutare anziani isolati. «Non sapevo da dove cominciare», racconta, «ma sentivo che dovevo fare qualcosa, anche solo per sentirmi utile». La sua storia racchiude un tema centrale: le motivazioni al volontariato non sono mai semplici. Ci sono bisogni personali, ma anche una risposta collettiva a tempi difficili. In Italia, secondo ISTAT (2023), il 12,5% degli adulti ha svolto almeno un’attività di volontariato nell’ultimo anno, ma dietro a ogni numero c’è un intreccio di ragioni, desideri e contesti.

Emergenze e risposte

La pandemia ha riscritto molte priorità. Volontari sanitari, operatori di protezione civile, reti di supporto sociale sono diventati il tessuto di una risposta immediata e concreta. Studi internazionali, come l’UNV SWVR 2022 (il quarto rapporto sullo stato del volontariato nel mondo di United Nations Volunteers), mostrano come le motivazioni legate all’aiuto diretto e alla gestione delle crisi siano cresciute notevolmente tra chi ha iniziato a fare volontariato dopo il 2020. Non è solo altruismo: è la necessità di essere parte attiva in un momento in cui la società sembrava fragilissima.

In Italia, Caritas e Forum Terzo Settore confermano che quasi il 40% dei nuovi volontari si è attivato per aiutare famiglie in difficoltà e soggetti fragili, una spinta motivazionale legata alla risposta immediata all’emergenza.

Il volontariato che fa curriculum

Tra i più giovani, il volontariato si intreccia spesso con la costruzione del futuro professionale. Le motivazioni utilitaristiche — sviluppare competenze, aumentare l’occupabilità, fare network — sono evidenti sia negli studi americani (es. review su college students volunteering) sia in ricerche europee su studenti universitari (Perry, 2024).

Il volontariato diventa così una palestra di soft skills: comunicazione, lavoro di squadra, leadership, problem solving. Non sostituisce il lavoro, ma diventa un campo di prova per il futuro, un laboratorio pratico dove mettere in gioco valori e capacità.

Le molte strade della motivazione

Cosa spinge oggi una persona a fare volontariato? Non esiste una sola risposta. È un mosaico di ragioni intime e collettive, che cambiano con l’età, con i contesti e con la storia recente. Ogni scelta racconta una traiettoria personale e un tempo: la ricerca di senso dopo la pandemia, il bisogno di appartenenza nell’epoca della solitudine digitale, la voglia di lasciare un segno in un mondo percepito come fragile.

C’è chi comincia per caso, chi per rabbia, chi per riconoscenza. Ogni storia di volontariato è una mappa di motivazioni intrecciate — e le ricerche, in fondo, non fanno che restituirci il disegno collettivo di questo mosaico.

Secondo le ricerche più recenti — dal Rapporto Giovani 2025 dell’Istituto Toniolo alle indagini del Forum del Terzo Settore, della Caritas Italiana e del Centro Europeo del Volontariato (CEV) — le motivazioni si muovono tra quattro grandi poli: il senso, la relazione, l’identità e l’impatto. Ma tra questi poli si aprono molte sfumature, che rendono ogni percorso unico.

Il primo passo nasce spesso dal bisogno di trovare senso. Dopo la pandemia, molti hanno riscoperto il volontariato come “tempo che vale”, un luogo dove l’agire quotidiano si trasforma in gesto significativo. Secondo Caritas Italiana, quasi il 40% dei nuovi volontari ha iniziato dopo un evento di fragilità personale o familiare. È la motivazione della cura che si rigenera, del “fare per stare meglio”.

Accanto a questa, c’è la motivazione della gratitudine: il desiderio di restituire quanto ricevuto. Chi è stato aiutato — da un’associazione, da una rete, da un volontario — trova nel dono una forma di riscatto o continuità emotiva. Studi del Centro Studi Zancan e della Fondazione Italia Sociale mostrano che questa spinta è particolarmente forte tra le fasce d’età più mature, protagoniste di un volontariato silenzioso ma costante.

Il terzo percorso è quello del legame sociale. Il volontariato come antidoto alla solitudine, come spazio di relazioni reali in un mondo frammentato. Per il 56% dei giovani europei tra i 18 e i 30 anni, la motivazione principale è “stare con gli altri” e “sentirsi parte di qualcosa di più grande” (CEV, 2023). Anche online, le reti digitali nate durante la pandemia hanno amplificato questa dimensione relazionale.

Segue la motivazione identitaria, legata alla scoperta di sé. Per molti giovani, ma anche per adulti in momenti di transizione, il volontariato è “uno spazio di libertà”, dove sperimentare valori e comportamenti, dove costruire un’identità in dialogo con gli altri.

Non meno importanti sono le motivazioni etico-civiche: l’impegno per il clima, i diritti civili, la parità di genere, la tutela dei beni comuni. Le ricerche europee mostrano la crescita del volontariato “di advocacy”: un impegno che non si limita al supporto immediato, ma vuole incidere sulle strutture e sulle regole della società.

Accanto a queste spinte collettive, emerge quella più personale e riflessiva, legata all’apprendimento e alle competenze. Secondo il Progetto ALCI (2023), quasi la metà dei volontari considera il proprio impegno una palestra di soft skills e capacità relazionali, utile anche per orientarsi nel mondo professionale.

Un’altra motivazione crescente è quella del benessere. Studi di Oxford University e del CEV mostrano che chi fa volontariato registra livelli più alti di soddisfazione personale, autostima e fiducia negli altri. In Italia, il 62% dei volontari dichiara che l’impegno sociale ha migliorato il proprio equilibrio emotivo e le relazioni familiari (CSVnet, 2024).

Non mancano le motivazioni legate a cause emergenti: il volontariato ambientale e climatico, cresciuto del 20% in Europa dopo il 2020, e il volontariato digitale, nato come risposta alla pandemia, oggi consolidato in tutoraggio online e supporto tecnologico per fragilità sociali.

Infine, una spinta meno visibile ma potente: il volontariato del limite, praticato da chi, nonostante fragilità o età avanzata, sceglie di donare tempo e competenze. Per queste persone, l’impegno sociale ridisegna il senso di utilità e dignità personale.

In questo viaggio tra le motivazioni, si scopre che il volontariato non è solo un gesto altruista, ma una biografia collettiva in costruzione: restituisce senso, crea legami, costruisce identità e rigenera la fiducia. Non esiste una sola strada: ce ne sono molte, intrecciate, che raccontano chi siamo oggi e chi desideriamo diventare.

Dinamiche di fidelizzazione: cosa spinge a restare

Capire perché si resta è forse più importante che capire perché si inizia. Le ricerche mostrano che la durata dell’impegno volontario dipende dal senso di soddisfazione, di appartenenza e di riconoscimento che l’esperienza restituisce.

Chi si sente ascoltato, sostenuto e coinvolto nei processi decisionali tende a restare più a lungo. Secondo uno studio dell’Università di Padova (2023), la probabilità di continuare aumenta del 60% tra chi riceve feedback regolari e opportunità di formazione.

La fidelizzazione non nasce quindi solo da motivazioni personali, ma da un contesto che nutre la relazione: la qualità del gruppo, la chiarezza degli obiettivi, la fiducia reciproca. Quando tutto questo manca, anche la motivazione più forte può indebolirsi.

Generazioni, forme e confini del volontariato

Le motivazioni cambiano con le generazioni. I giovani cercano esperienze brevi, flessibili, a progetto, capaci di connettersi con valori globali; gli adulti e gli anziani preferiscono impegni continuativi e radicati nella comunità locale.

Ma il confine tra volontariato “formale” e “informale” è sempre più poroso: accanto alle organizzazioni strutturate crescono forme spontanee, gruppi di quartiere, mobilitazioni digitali. Il volontariato diventa liquido, diffuso, talvolta episodico, ma non per questo meno significativo.

Questo pluralismo — sottolineano il Forum del Terzo Settore e il CEV — impone di ripensare il modo in cui le organizzazioni accolgono, valorizzano e accompagnano i volontari: non più solo come “risorse”, ma come cittadini attivi in cammino.

Quando la motivazione non basta

Ci sono momenti in cui la spinta iniziale si esaurisce. Si parla poco del burn-out del volontario, ma è una realtà crescente. Mancanza di coordinamento, carichi emotivi eccessivi, scarsa valorizzazione: sono tra le cause principali di abbandono.

Ricerche recenti (ISTAT, CEV 2023) indicano che fino a un terzo dei volontari interrompe entro due anni.

C’è anche il rischio delle motivazioni “strumentali”: fare volontariato per accumulare punti nel curriculum o per obbligo sociale. Se non accompagnate da riflessione e crescita personale, queste esperienze rischiano di “consumare” la relazione volontario-organizzazione, riducendola a scambio funzionale.

Ma non è una condanna: è un invito alle organizzazioni a investire nella cura delle persone, nel riconoscimento, nella formazione continua.

Opportunità e nuove politiche

Oggi molte realtà del Terzo settore stanno sperimentando percorsi di accompagnamento personalizzati, mentorship intergenerazionale, spazi di confronto sui valori dell’impegno.

Il Forum Terzo Settore e Caritas evidenziano come il riconoscimento formale delle competenze e la narrazione pubblica del valore del volontariato rafforzino la fidelizzazione.

Anche le politiche pubbliche europee vanno in questa direzione: promuovere un “ecosistema del volontariato” che sostenga la partecipazione, tuteli il tempo donato e garantisca accesso equo alle opportunità.

Il volontariato come motore di comunità

In un mondo segnato da crisi continue, il volontariato resta una bussola civile. È il luogo dove la fragilità si trasforma in forza collettiva, dove la fiducia si ricostruisce attraverso gesti concreti, dove la comunità prende forma dal basso.

Le motivazioni sono tante, diverse, in evoluzione. Ma tutte parlano di una stessa ricerca: stare dentro la realtà, non ai suoi margini.

Bibliografia

Forum del Terzo Settore & Caritas Italiana, “NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato” (2023–2025)
Indagine su quasi 10.000 volontari italiani: motivazioni principali, impatto personale e professionale, retention. Utile per dati quantitativi italiani contemporanei e per evidenziare la duplice spinta altruistica e formativa.

Istituto Toniolo, “Rapporto Giovani 2025”
Analisi di atteggiamenti e motivazioni giovanili verso il volontariato e la cittadinanza attiva. Mostra il ruolo della relazione, della comunità e della costruzione identitaria nei giovani.

Debayan Sengupta et al., “Motivations of Volunteering during Crises” (2023)
Studio europeo sulle motivazioni emerse durante crisi sanitarie, umanitarie e migratorie: altruismo, gestione emotiva, senso di efficacia personale. Utile per comprendere la dimensione psicologica del volontariato in contesti di emergenza.

Kelly Perry, PhD, “Theory of Planned Behaviour and student motivation to take part in employability enhancing volunteering opportunities within higher education” (University of Sunderland, 2024)
Applicazione del modello TPB su studenti universitari: volontariato come strumento di sviluppo di competenze, reti sociali e opportunità professionali. Mostra motivazioni strumentali legate al futuro lavorativo.

M. Rozmiarek et al., “Motivations of Sports Volunteers at the 2023 European Games” (Poland, 2023)
Studio empirico su volontari di grandi eventi sportivi: senso di appartenenza, esperienza sociale, identità collettiva. Utile per mostrare motivazioni esperienziali e relazionali in contesti temporanei.

Centre for European Volunteering (CEV), “European Volunteering Survey” (2023)
Indagine europea sulle motivazioni e pratiche del volontariato, con focus su giovani e diversità di impegno: volontariato civico, ambientale, educativo. Permette confronti continentali.

Oxford University, “Volunteering and Wellbeing” (2022–2023)
Studio internazionale su relazione tra volontariato regolare e benessere soggettivo, autostima e fiducia negli altri. Conferma la dimensione del volontariato come pratica di benessere.

Alci, “Volunteering and Skills Development” (2023)
Analisi europea e italiana di come l’esperienza volontaria sviluppi competenze trasversali e soft skills. Fornisce dati utili per argomentare la componente formativa del volontariato.

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